Un libro per raccontare tutti i cinema della Liguria, dal 1945 a oggi: da Ventimiglia a Sarzana, dalle sale storiche dei capoluoghi alle piccole sale inerpicate nei paesini dell’entroterra, ai cinema per i turisti delle Riviere…
E’ uscito “I cinema della Liguria” (ed.Le Mani, 2015, pp.335, 20 euro), un volume che scheda le ottocento sale cinematografiche attive in Liguria a partire dal dopoguerra. Si parte da via XX settembre a Genova, passando in rassegna tutte le sale che si trovavano ai due lati della strada: l’Olimpia, il Lux, l’Universale, il Politeama Margherita, il Dioniso e il Corso sul lato destro a scendere; il Verdi, l’Astor, il Moderno, l’Orfeo sul lato sinistro. E si prosegue poi accostando alle sale industriali anche i parrocchiali, o le arene estive: a Genova sono ancora freschi nella memoria i ricordi del Nettuno, del Roseto o di Villa Croce, ma un tempo c’era anche il cinema del Parco, da via Galata, dove nel grande parcheggio si può vedere ancora l’arco in cemento che reggeva lo schermo.
Oltre a Genova e alla sua provincia, ci sono ovviamente le sale altrettanto storiche dell’imperiese, del savonese, dello spezzino, con tutto il gran dispiegarsi di cinema-teatri, parrocchiali, arene estive, cineclub di grande tradizione. Ma il libro non è soltanto un catalogo di sale con le loro vicende, le capienze, le date di apertura e spesso di chiusura, in quanto offre anche un quadro più ampio di tutto l’universo culturale e imprenditoriale che ruotava attorno al cinema. Vengono così approfondite esperienze come quelle del circuito Gadolla a Genova (48 sale, una per quartiere), oppure della famiglia Vacchino a Sanremo, o della famiglia Reposi a Savona: dove tutto prese il via quando Felice Reposi, commerciante in salumi e formaggi d’inizio ‘900, andando a Milano vide i primi cinema stanziali e decise di aprirne anche a Savona, diventando pure distributore di film.
Molte sale affondano le loro radici agli inizi del ‘900, quando univano l’attività cinematografica a quella teatrale, in edifici sontuosamente decorati. Alcune testimonianze di quegli splendidi cinema-teatro rimangono ancor oggi nelle riviere, dall’Olimpia di Bordighera al Cantero di Chiavari al piccolo Tabarin di Sanremo. Altri sono scomparsi, o sono stati riadattati. Ma in tempi recenti sono nati anche i grandi complessi multiplex, segno di un modo di andare al cinema proiettato nel futuro e di nuove prospettive architettoniche.
Accanto ai cinema ancora vivi e attivi, o a quelli scomparsi, il libro di Riccardo Speciale, Renato Venturelli e Stefano Petrella rievoca anche i casi curiosi di cinema mai aperti, nonostante gli spazi fossero pronti per l’inaugurazione e ancor oggi chiaramente visibili: dal cinema di Chiavari dietro il Cantero, oggi market di prodotti per animali, al cinema di piazza Fossatello a Genova, oggi usato come spazio giochi per i bambini del quartiere. E c’è pure notizia di un cinema mai costruito: doveva essere eretto verso il fondo di via XX settembre a Genova dalla famiglia Gadolla, che però rinunciò, e al posto del cinema c’è oggi via di Brera.
Un libro che è naturalmente un grande amarcord dell’età dell’oro del cinema, ma anche la testimonianza di un continuo slancio imprenditoriale, di un capillare spirito d’impresa. In molti casi, anche la testimonianza indiretta della storia di alcune località: come l’importanza che i cinema avevano nei luoghi in cui si trovavano grandi caserme, oppure le peculiarità nella programmazione dell’Ambra di Albenga a causa del pubblico di militari e lavoratori delle serre. E tra le numerose immagini del volume (oltre 300 fotografie) ci sono quelle del parrocchiale di Crocefieschi o dell’Eden di Montoggio, collocati ai margini del paese, ai confini con i boschi e la campagna.
Realizzato nell’ambito della convenzione tra Agis Liguria e l’assessorato alla cultura della Regione Liguria, il libro parte dall’archivio storico dell’Agis per comprendere poi ricerche negli altri archivi regionali, nelle raccolte dei quotidiani, nella memoria delle persone e degli spettatori delle varie località e quartieri. E tra i molti ricordi ci sono anche quelli dei proiezionisti, categoria oggi ufficialmente scomparsa dopo l’avvento del digitale: tra gli altri, Vincenzo Marino ricorda uno per uno tutti i proiettori delle varie sale con cui ha avuto a che fare (oltre cento), mentre viene pubblicato un testo di Uber Severi, storico proiezionista di Sampierdarena, che rievoca la storia dello Splendor per il nipote degli storici proprietari della famiglia Frugone. In tutto, quasi cinquanta tra articoli e interviste per ricordare attraverso personaggi e iniziative come attorno alle sale si sia sviluppata una parte importante della vita culturale, sentimentale e imprenditoriale di una regione.