Cinque anni fa avevano pubblicato un volume sul doppiaggio nel cinema italiano che resta una miniera di informazioni, curiosità e ricostruzioni storiche su un argomento fino ad allora pochissimo battuto.
Adesso, Enrico Lancia, Massimo Giraldi e Fabio Melelli sono tornati sul tema del doppiaggio con un volume dedicato al cinema hollywoodiano: “Il doppiaggio nel cinema di Hollywood”, ancora edito da Bulzoni (322 pagg., 30 euro), con prefazione di Paolo Mereghetti e una postfazione di Claudio G.Fava che resta una delle ultime cose scritte dal grande critico genovese sul doppiaggio, cui aveva dedicato insieme a Bruno Astori il premio “Voci nell’ombra” (con Enrico Lancia immediatamente chiamato a collaborare).
Il problema principale dei libri sul doppiaggio sta notoriamente nel modo in cui organizzare il materiale, spesso ricchissimo come in questo caso, ma non facile da presentare al lettore. Autori ed editore hanno scelto stavolta di suddividere le varie schede sui doppiatori di centinaia di film hollywoodiani attraverso capitoli su singoli generi, periodi o momenti storici, omettendo quei film di cui è facile reperire i dati anche in rete.
Lo scopo dichiarato degli autori consiste nello scendere in profondità, ampliando il quadro di un’attività che va ben oltre le grandi voci ampiamente note al pubblico, per guardare a tutto l’insieme del fenomeno “doppiaggio italiano” in modo da valorizzare il lavoro di chi non ha avuto finora la giusta visibilità.
Nel fare questo, delineano però anche la storia e l’evoluzione del doppiaggio in Italia, a partire dall’avvento del sonoro e dai primi esempi di doppiaggio realizzati direttamente (e maldestramente) a Hollywood: col caso celebre di Stan Laurel e Oliver Hardy, che inizialmente leggevano le proprie battute in italiano, con quell’inevitabile accento americano che è stato poi mantenuto anche in seguito dai nostri doppiatori, trasformandolo quasi in parte integrante della loro comicità. Ad agevolare la pratica del doppiaggio fu poi notoriamente il fascismo, che volendo impedire l’ascolto di lingue straniere da parte di un’Italia autarchica e linguisticamente pura, finì per facilitare la penetrazione commerciale dei film americani.
Il libro di Lancia, Giraldi e Melelli analizza il modo in cui si organizzarono le majors hollywoodiane, i primi nomi di doppiatori, traduttori e dialoghisti (tra loro anche Giacomo Debenenedetti, con lo pseudonimo di Gustavo Briarco), quindi le grandi compagnie del dopoguerra: a cominciare ovviamente dalla C.D.C., Cooperativa Doppiatori Cinematografici, e poi dalla O.D.I., dalla C.I.D. e dalle altre. Fino alla rivoluzione degli anni ’70, con il doppiaggio più “sporco” (capofila in questo, Ferruccio Amendola), o alle ultime e più recenti generazioni, sempre ad altissimo livello.
In mezzo a questo, tante curiosità e tante discussioni. A cominciare dal doppiaggio delle canzoni di commedie musicali (ma come si può rinunciare a “La rana in Spagna / gracida in campagna”…), o al caso dei film doppiati in Spagna in tempo di guerra. O alla grande questione dei ridoppiaggi, spesso apparentemente immotivati, oppure devastanti come nel caso di molti ridoppiaggi televisivi e per l’home video.
E non è finita, perché in un’apposita sezione vengono corretti alcuni degli errori più frequenti che si trovano nelle schede di doppiaggio di film hollywoodiani (Barbara Stanwyck in “Ti ho visto uccidere” non è doppiata da Lydia Simioneschi, ma da Anna Proclemer!, e via elencando), mentre il volume è completato da una serie di interviste a grandi attrici e attori del doppiaggio: da Caterina Boraschi e Maria Pia Di Meo a Francesco Pannofino e Francesco Vairano.
Insomma: tantissima carne al fuoco per i fan sempre più numerosi del doppiaggio. Ovviamente in attesa del prossimo libro di Lancia, Giraldi e Melelli…
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