di Renato Venturelli.
Cosa c’entra un cupissimo e nerissimo poliziesco inglese col Festival udinese del cinema asiatico? Gli organizzatori hanno cercato di spiegarcelo, in realtà non l’abbiamo capito molto, ma siccome il film è bello e non l’avevamo ancora visto, c’è solo da essere felici della scelta e non andare troppo per il sottile.
Tanto per cominciare, “Hyena” è un noir inglese che ha poco o nulla a che spartire con i giochi citazionisti e pulp della banda Ritchie-Vaughn & Co e di quasi tutto il neonoir britannico degli ultimi quindici anni, e questo è già un bel pregio. Qui non si gioca coi generi e con le immagini, ci si crede: o, come minimo, non si ostenta il gioco.
Quanto al protagonista, è un poliziotto marcissimo, abituato a irrompere nei locali notturni con gli altri amici della squadra, pestare tutti, arraffare soldi e droga, infilarsi in ogni traffico, investire sulle nuove rotte della droga, passare le notti nello sballo totale… Quando un trafficante turco con cui è in affari viene massacrato da una coppia di fratelli albanesi, non si preoccupa troppo: dopo aver visto pezzi di braccia e di gambe sparsi sul pavimento, scarica immediatamente i vecchi soci e si presenta ai boss emergenti cercando di cavalcare l’onda del nuovo.
Il suo problema è che, in “Hyena”, tutti gli altri sono ancora peggio di lui. Ognuno è sempre pronto a tradire chiunque, e a cercare una propria via di salvezza calpestando qualsiasi valore che non sia il proprio disperato interesse. Quanto ai nuovi boss albanesi, non vanno per il sottile: ammazzano e squartano le persone, e se un capo della polizia si trova nel posto sbagliato, non ci pensano due volte a tagliarlo a pezzi nella vasca da bagno e farlo sparire dalla circolazione.
Finisce così che il nostro poliziotto marcio si ritrova ad essere suo malgrado l’eroe, a caricarsi sulle spalle tutto il male del mondo. Non perché proprio lo voglia, ma perché così funziona in un universo terribilmente noir. Che sarà anche “neo”noir, ma nemmeno troppo: dietro la reincarnazione del vecchio hardboiled c’è una logica stringente, il protagonista si ritrova incastrato da un meccanismo implacabile, stritolato dai propri errori, dalla gang feroce, dagli ispettori degli “affari interni” che non gli concedono tregua. E se il protagonista, Peter Fernando, viene sistematicamente ripreso di spalle come fosse finito in uno dei primi film dei Dardenne, non c’è nemmeno compiacimento stilistico: in fondo, è un modo per esaltare la sua fisicità incombente e disperata, la forza impotente, i suoi capelli unti e il suo giubbotto di pelle.
Pare che dietro a tutta la storia ci siano i racconti di ordinaria corruzione poliziesca fatti da un autentico agente al regista, il Gerard Johnson di “Tony” (2009). Che sia uno spaccato di vita, come si dice, ci interessa in effetti ben poco. Ma questo ripartire da una realtà vera o presunta ci riporta a una delle radici del noir: quella che prende il via dal vortice di realismo hardboiled e di stilizzazione. “Hyena” riparte da capo, e lo fa con una crudezza e una forza che appartengono alla miglior tradizione del noir inglese.
(renato venturelli)