di Alberto Castellano.
Il 32° Torino Film Festival (21 – 29 novembre 2014) ha confermato la qualità, l’eclettismo, la varietà dell’offerta di un festival radicato nella realtà culturale italiana (l’unico appuntamento nazionale capace di tenere il passo di analoghe manifestazioni europee) e diventato un imprescindibile punto di riferimento per chi vuole aggiornarsi a 360° sulla produzione mondiale indipendente, sul cinema di ricerca e sulle opere (di fiction o documentaristiche) della sperimentazione più estrema ed audace. Il direttore Emanuela Martini il cui ruolo in questa edizione è stato formalizzato con Paolo Virzì Guest Director (prima era vice direttore ma di fatto è da anni colei che guida la macchina festivaliera) con la sua squadra di collaboratori e consulenti, ha allestito un programma come sempre ricco e diversificato che nonostante alcuni pesanti tagli di budget che hanno costretto all’ultimo momento ad eliminare alcune sale e a rinunciare alla versione cartacea del catalogo, ha mobilitato un numeroso pubblico soprattutto giovanile facendo registrare un incremento delle presenze.
La selezione del concorso “Torino 32” non è sembrata memorabile con titoli assestati su un buon livello medio da Festival. I film più interessanti si sono rivelati quelli francesi e infatti la Giuria presieduta da Ozpetek ha premiato “Mange Tes Morts” e la Giuria Fipresci “Mercuriales”. Dei due italiani in competizione il documentario “N-Capace” di Eleonora Danco ha rivelato uno sguardo originale e fuori dagli standard sulla materia umana. Ma la caratteristica vincente del Festival torinese è da sempre un’offerta di cinema allargata, uno sguardo a tutto campo su autori emergenti internazionali spesso scoperti e lanciati, un rimescolamento delle sezioni dei Festival tradizionali per cui spesso il meglio lo si può trovare fuori dal concorso. “Festa Mobile”,ad esempio, ha proposto da anteprime come l’ultimo Woody Allen “Magic in the Moonlight”, “Wild” di Jean-Marc Vallée (quello di “Dallas Buyers Club”) e “Gemma Bovery” di Anne Fontaine a opere più diverse come il noir “The Drop”, “Mirafiori Luna Park” prodotto da Mimmo Calopresti, il documentario “Togliatti(grad)”, da classici restaurati come “Il gabinetto del dottor Caligari” e “Profondo Rosso” ai “Ritratti d’artista” dedicati a Nick Cave, Tiziano Sclavi, Luca Ronconi, Lucio Dalla, Carlo Colnaghi, Alberto Signetto. Nella sezione “Diritti & Rovesci”, curata da Virzì, c’erano i nuovi documentari di Antonietta De Lillo, Susanna Nicchiarelli, Wilma Labate, Costanza Quatriglio, Erika Rossi e Giuseppe Tedeschi. E poi c’era l’imbarazzo della scelta tra i documentari italiani e internazionali su temi d’attualità, politici o sociali, di “Tffdoc”, i cortometraggi, gli omaggi di “After Hours” a Jim Mickle con i suoi horror gore e a Giulio Questi presente a Torino e scomparso alcuni giorni dopo la fine del Festival, i film estremi anche ostici e provocatori e l’omaggio a Josephine Decker di “Onde”, i prodotti dello “Spazio Torino” e “TorinoFilmLab”, i numerosi capolavori americani degli anni ’70 e primi ’80 della seconda e ultima parte della bella retrospettiva dedicata alla “New Hollywood”.
Alberto Castellano