DUE GIORNI, UNA NOTTE di Luc e Jean-Pierre Dardenne

due-giorni-una-notte-mediumdi Aldo Viganò.
Come il giansenista Robert Bresson, al quale sembrano sempre più volersi ispirare, anche i laici fratelli Dardenne prediligono un cinema rigoroso ed essenziale, alieno da effetti spettacolari e interamente concentrato a descrivere gli esseri umani, i loro rapporti reciproci e l’arricchimento personale che da questi può derivare a ciascuno. Solo che l’obiettivo di questo rigore non è per loro cogliere il mistero della Grazia che soffia dove vuole, ma quello di rivelare a se stessi, ai propri personaggi e al loro pubblico il fascino segreto della vita autenticamente vissuta; anche quando le circostanze imprimono a questa vita l’andamento di una via crucis, in fondo alla quale s’intravvede l’ombra di un possibile patibolo.

È in questo percorso laico verso la redenzione che risiede il fascino principale dell’ultimo film dei Dardenne, Due giorni, una notte; ma forse proprio qui sta anche il suo limite, essendo questo percorso sin troppo dichiarato dalla sceneggiatura. Per carità, sullo schermo non passa nulla di esplicitamente ideologico, perché la cinepresa dei Dardenne predilige sempre i volti degli esseri umani, le loro incertezze ed esitazioni, le commoventi solidarietà e le latenti violenze. Però, qualcosa di schematico emerge comunque dalla struttura narrativa, cadenzata sul modello di La parola ai giurati, che prevede come un’operaia di una piccola azienda che produce pannelli solari, moglie e madre di due figli, reduce da un periodo di depressione, si trovi a dover ribaltare nel tempo indicato dal titolo del film la scelta dei suoi sedici compagni di lavoro di barattare l’approvazione del suo licenziamento con un bonus di mille euro “ad personam”. Ora, però, Sandra sta meglio e non può certo permettersi di rimanere senza lavoro.

Lo schema è esplicito: egoismo individuale contro solidarietà operaia, una società sempre più parcellizzata contrapposta alla partecipazione umana. In una società liberista, quale è il prezzo che s’intende riconoscere alla vita degli altri? E questo schema ideologico incombe inesorabilmente sul film dei Dardenne, correndo il rischio di soffocarlo nel computo dei pro e dei contro, nella noia ripetitiva dei sì e dei no, della sin troppo facile separazione dei buoni e dei cattivi.

Un rischio, però, che i Dardenne riescono quasi sempre a dribblare attraverso un cinema che, relegando sullo sfondo la meccanicità di una sceneggiatura troppo scritta, porta in primo piano soprattutto gli esseri umani, e principalmente la protagonista (un’ottima Marion Cotillard), con le sue fragilità e le sue incertezze, con le sue crisi personali e i suoi riscatti, sino alla redenzione della piena presa di coscienza di se stessa e degli altri. Due giorni, una notte non è forse uno dei film migliori dei Dardenne, appesantito com’è di un certo didascalismo, ma resta il fatto che sul piano estetico segna un significativo nuovo passo avanti del loro cinema che, attraverso la rappresentazione dei volti dei suoi personaggi (e non solo della sua protagonista), sembra essere sempre più votato a parlare direttamente della complessità degli esseri umani (in perfetto stile Bresson); leggendo i loro pensieri, le loro contraddizioni e i fremiti delle passioni individuali in primi piani tanto profondi, quanto essenziali e sempre necessari per la definizione di quello che infine si rivela essere il vero e autentico assunto narrativo di un film che, più del lavoro, parla della vita degli uomini: o meglio, della vita dei personaggi, colta nel rapporto diretto con gli schematismi e la violenza della società nella quale essi si trovano loro malgrado a vivere, costretti a lottare per sopravvivere.

DUE GIORNI, UNA NOTTE
(Deux jours, une nuit – Belgio, Francia, Italia, 2014)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne – Fotografia: Alain Marcoen – Scenografia: Igor Gabriel – Costumi: Maira Ramedhan Levi – Montaggio: Marie-Hélène Dozo.
Interpreti: Marion Cotillard (Sandra), Fabrizio Rongione (Manu, suo marito), Pili Groyne (Estelle), Simon Caudry (Maxime), Catherine Salèe (Juliette), Olivier Gourmet (Jean-Marc), Baptiste Sornin (sig. Dumont), Christelle Cornil (Anne).
Distribuzione: BIM – Durata: un’ora e 35 minuti

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