di Massimo Marchelli.
Le interpreti principali sono celebrità internazionali, il regista e sceneggiatore è lui pure una celebrità, ma di nicchia, il risultato del loro lavoro è una delle espressioni di maggiore civiltà cinematografica della stagione, e forse non solo di questa.È semmai il titolo a creare un po’ di spaesamento: Sils Maria è infatti una lo-calità montana svizzera che fa da sfondo alla maggior parte della vicenda. Si tratta di un’attrice celebre (Juliette Binoche), poco più che quarantenne, ad una svolta artistica ed esistenziale: interpretare il personaggio di mezza età nel dramma che l’aveva vista protagonista diciottenne del personaggio della giovane rivale nella scena. Prima di accettare una simile sfida, l’attrice deve meditarci su e naturalmente provare la parte, appunto a Sils Maria. A porger-le le battute da lei recitate oltre vent’anni prima è l’assistente personale (Kri-sten Stewart), una giovane efficiente al limite della devozione, ma non senza un suo personale temperamento. Inevitabile quindi che questa entri progres-sivamente “in parte”, anche se il suo “dire” non è proprio un recitare.
L’esplicito conflitto tra i personaggi del dramma da mettere in scena finisce insomma per riverberarsi tra i personaggi del film. Ci sono sì alcuni altri per-sonaggi, il regista dello spettacolo in cantiere, la nuova giovane interprete, ma sono pochi e hanno una funzione come di servizio ai due principali, quelli che catturano la partecipazione dello spettatore, grazie alla sottile costruzione di Olivier Assayas, cineasta colto e sempre attento a cogliere (e creare) sfu-mature tra i personaggi.
Ecco, sono le sfumature a dare nerbo al film, perfettamente supportate dalle interpreti, due donne non particolarmente impegnate ad esibire una vistosa femminilità. Juliette Binoche è al vertice della carriera, ripulita ormai definiti-vamente di quel che di quaresimale che l’aveva contraddistinta inizialmente; ma è la ventitreenne Kristen Stewart ad affascinare forse di più: l’ex eroina dei coetanei adolescenti della saga Twilight (e di un’altra trentina di film) mo-stra qui di essere una vera attrice. Il suo piglio improntato ad un’apparente vaghezza è impiegato con grande funzionalità nella definizione di un broncio postadolescenziale che si sviluppa progressivamente in spessore adulto.
Assayas fa insomma prendere quota al “duetto” da compositore autentico (anche se il soggetto del film gli è stato fornito dalla stessa Binoche) con una sobrietà che lo farebbe sembrare piuttosto un accompagnatore. La plasticità delle sue immagini e la dinamica che imprime alla vicenda sanno infatti di ci-nema autentico, quello che sarà apprezzato anche da chi in Sils Maria ha visto solo la crisi dell’artista di mezza età. Basterebbe a confermarlo l’inquadratura e il relativo movimento di macchina sul finale che traghetta personaggi e spettatori dalla realtà mostrata fino a quel momento in quella dello spettacolo finalmente in prova.
(Massimo Marchelli)