La sua opera spazia dal documentario al thriller, dalle commedie con Turi Ferro alla biografia di un frate d’inizio ‘900: con titoli come “Mondo cane” e “La tarantola dal ventre nero”, “Il lumacone” e “Atsalut pader”… Paolo Cavara è uno di quei registi che si definiscono eclettici, ma solo perché nella loro carriera si sono dovuti confrontare con le infinite complicazioni dei meccanismi produttivi, alternando magari progetti personali a lavori di matrice più semplicemente professionale.
Un volume di oltre trecento pagine arriva adesso a ripercorrere dall’interno il tragitto di questo autore emiliano, cercando di seguire il filo rosso della sua poetica attraverso un’attività multiforme, interrotta da una morte prematura all’inizio degli anni ’80. S’intitola “Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” (Il Foglio ed, 2014) ed è scritto da Fabrizio Fogliato con la disponibilità e collaborazione del figlio del regista, Pietro, che ha permesso di accedere a documenti inediti e ha personalmente scritto anche una lunga prefazione.
Nato a Bologna nel 1926, Cavara diventa operatore subacqueo mentre ancora studia architettura all’università, legandosi all’ittiologo Franco Prosperi in una serie di produzioni a partire dall’inizio degli anni ’50. Questa matrice documentaristica spiega la sua partecipazione a “Mondo cane”, il film che realizza all’inizio degli anni ’60 insieme a Prosperi e Jacopetti, col quale tuttavia si scontra presto per motivi etici. Un contributo più personale in questa direzione lo offrirà poi con il film-inchiesta “I malamondo” (1964), ma soprattutto con “L’occhio selvaggio” (1967), il suo primo lavorodi finzione che riflette proprio sull’attività di documentarista, sui problemi morali che ne derivano, sul rapporto con la società e i suoi condizionamenti.
Il libro di Fogliato pone questo film al centro dell’opera di Cavara, che si sviluppa poi in varie direzioni, incrociando inevitabilmente alcuni dei generi in voga tra gli anni ’60 e ’70. Tra i più noti figurano “La tarantola dal ventre nero” (1971) con Giancarlo Giannini e una schiera di splendide attrici, “Virilità” (1973) e “Il lumacone” (1975) con Turi Ferro, “…E tanta paura” (1976) con Michele Placido e Corinne Cléry, cui si aggiunge nel 1979 un progetto personalissimo anche se sfortunato negli esiti commerciali: “Atsalut pader” (1979), con Gianni Cavina nel ruolo di Padre Lino, frate parmigiano dì’inizio ‘900.
Il volume comprende analisi dei singoli film, brani di recensioni d’epoca, testimonianze di attori e collaboratori di Cavara, un’intervista dettagliata al figlio Pietro, materiali relativi a film realizzati ma anche a progetti mai concretizzatisi. Un libro appassionato che cerca di cogliere una continuità sia stilistica sia tematica disseminata in film che tra l’altro sono in molti casi decisamente rari a vedersi oggi: un altro tassello importante per capire le personalità autoriali che a volte si nascondono dietro la fioritura del cinema di genere italiano tra gli anni ’60 e ’70. (renato venturelli)
Fabrizio Fogliato, Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo, Il Foglio ed, 2014.