di Giovanni Robbiano.
Ritorno a scrivere su questo foglio glorioso che, capisco, ormai di foglio ha poco, ma riparte in formato digitale, mi sistemo alla barra della colonnina “forza italia” (chi era più quello di forza Italia? boh?) che racconta del cinema nostrano.
Il pensiero va a Claudio G. che normalmente mi compariva a fianco con la sua posta, e che ora discute con i suoi directeurs francesi in attesa di godersi il suo Genoa dal terzo anello di Marassi.
Il tempo passa e gli amici, anzi in questo caso gli amici che sono anche maestri, ci lasciano, e a noi rimane piuttosto poco qui, tra ciclici monsoni che ci coprono letteralmente di fango e metaforicamente di guano ed un cinema che osserviamo un po’ per forza maggiore.
Insomma il tempo passa, la fatica si accumula il viperetta è diventato un personaggio celebre e ciò come segno dei tempi è più che sufficiente.
Devo senz’altro segnalare i numeri fuori dal comune che macina Il giovane (favoloso) Leopardi di Martone, passato quest’ultimo a visitare la città nei giorni scorsi, non è male, tutto sommato, rinfrescare donzellette e pastori erranti e sciorinare a cena gli endecasillabi sciolti che ci ricordiamo: “sempre caro mi fu quest’ermo colle…” che io da giovane mixavo con foscolo unendo il colle di Recanati alle acque di Zante, completando con: Zacinto mia che ti specchi nell’onde del greco mar… io però svicolo e approfitto del fitto cartellone e delle proposte che ci dà il festival di Roma, il meno importante tra i festival che si considerano importanti.
Fedele alla volontà di parlare degli amici, segnalo il passaggio e l’uscita in sala di “La foresta di Ghiaccio” opera seconda di Claudio Noce (Good morning Aman) scritta dallo stesso assieme a Francesca Manieri ed Elisa Amoruso, lo segnalo perchè è un unicum nel panorama nazionale, una roba curiosa, un thriller di ambiente montano, anzi proprio alpino, girato dalle parti dell’Adamello in condizioni estreme, con vento, freddo e neve, secondo i testimoni a 20 sottozero, tutto per raccontare una vicenda di vendetta e di passaggi di confine che, si scoprirà, ha seminato rancori e dolore… Mi ero stupito leggendo a suo tempo la sceneggiatura che un regista rivelatosi per un film sull’immigrazione e la strana relazione tra un ruvido romano (Mastrandrea) ed un giovane emigrato dalla Somalia, diversi in tutto ma uniti dal bisogno di trovare una sponda umana alle loro vite senza luce approcciasse un film del genere.
La foresta è un film di drammaturgia classica, film di genere sia pure con sfumatura sociali, ma infarcito di personaggi oscuri, con ampio bagaglio di demoni: dal guardiano della diga Kusturica, ad Adriano Giannini, fino a Ksenia Rappaport, personaggi che nascondono molti segreti e che sono legati da una vicenda apparentemente sepolta nel passato e nella molta neve del luogo. Film che normalmente non si farebbe in Italia se non per la fiducia che il regista si è saputo guadagnare, ottenendo un cast importante per un film di questo tipo anche se ha dovuto aspettare per questa opera seconda ben cinque anni.
E’ vero che nel mare magno delle commedia nazionali (esce anche Confusi e felici, con Bisio, Giallini, Papaleo ecc…) che alla fine sono anche meno peggio di quello che pensiamo ma che non fanno più i numeri di una volta, si vede anche il tentativo di esplorare i generi, forse più in cerca di sbocchi che per vera vocazione. Claudio comunque ci sa fare e aspetto il film con curiosità, vediamo che ne succede.
Se ce la facciamo e soprattutto se non piove ci risentiamo presto.