Presentato come film d’apertura alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia, Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) di Alejandro González Iñárritu è un lavoro che ritrae in modo ironico e sagace il mondo dello spettacolo, riflettendo sul rapporto tra cinema e teatro, sulla vacuità del successo e sulle frustrazioni che ne derivano.
Ambientata a Broadway, la vicenda vede al centro Riggan Thompson, un attore cinematografico decaduto e celebre quasi esclusivamente per il comic-movies anni ’90 “Birdman”. Thompson vorrebbe essere però riconosciuto come artista di alto livello e anche per questo scrive, dirige e interpreta uno spettacolo teatrale dalle ricche e complesse sfumature psicologiche. A pochi giorni dalla prima si presenteranno però difficoltà private e professionali di ogni genere.
Raccontato quasi interamente attraverso un lunghissimo piano sequenza, Birdman è un film dove tutto scorre, a cominciare dai numerosi movimenti di macchina che – insieme ai dialoghi serrati – trasmettono all’opera un ritmo vorticante e frenetico. Una velocità che rappresenta molto bene la fugacità del successo e della popolarità, soprattutto quella “fornita” da tutto il sistema mediatico, dalla stampa tradizionale ai Social Network, che a colpi di tweet e video caricati su youtube possono dare e togliere una visibilità tanto grande quanto vacua e superficiale. Un aspetto, quest’ultimo, accennato e sottolineato in diversi dialoghi e momenti narrativi.
E se la celebrità va’ e viene, qualcos’altro permane nella vita e nella mente del protagonista: rimpianti, rimorsi e un continuo senso di frustrazione. Ansioso di essere finalmente considerato un artista dagli intelttuali newyorkesi (a loro volta criticati per snobismo e un interesse culturale piuttosto fasullo), Riggan Thompson in realtà viene deriso e in parte escluso da quel mondo. Questo perché il ricordo dei suoi blockbuster non smette mai di riemergere, come dimostra figurativamente la locadina di “Birdman” appesa nel suo camerino, un’immagine che sembra fissarlo per ricordagli continuamente le origini dalle quali vorrebbe liberarsi.
In tale prospettiva risulta particolarmente rilevante il rullo di tamburi presente in diversi momenti: un rumore dominante che permane e ritorna di continuo non solo per scandire ritmicamente il film, ma anche per rappresentare il senso di oppressione e frustrazione del protagonista.
È dunque attraverso la fluidità dell’immagine e la voluta invadenza del sonoro che Iñárritu firma non solo un quadro pungente e ironico di un ambiente, ma ritrae inoltre un buon profilo psicologico individuale.
Il tutto sostenuto dalla brillante sceneggiatura e dalle ottime performance dei protagonisti: Micheal Keaton, Edward Norton, Naomi Watts ed Emma Stone in primis.
(Juri Saitta)