di Renato Venturelli.
Tornano le “pollastre” di “Golden Chicken”, e a undici anni dall’ultimo episodio della serie riescono ancora a centrare il successo al box-office di Hong Kong. La star Sandra Ng, ormai quasi cinquantenne, è diventata nel frattempo un’attivissima mama-san che governa il suo gruppo di prostitute, le porta in Giappone per un viaggio di studio, cerca di coniugare al meglio la combinazione di sesso e denaro, prostituzione, gioia di vivere e affermazione sociale.
E se la commedia non è stata giudicata ai livelli delle precedenti, ogni inquadratura sprizza un irrefrenabile vitalismo da ogni dettaglio, mentre il film fa dell’allegra e spudorata immoralità il suo punto di forza dinamico.
Inoltre, il fatto che questo terzo episodio arrivi a oltre dieci anni di distanza fa sì che il trionfo di un universo fondato sul denaro, la prostituzione e uno spensierato cinismo possa diventare anche l’occasione per giocare sulle differenze avvenute nel frattempo all’interno della società e della cultura di Hong Kong.
A rafforzare lo spunto c’è del resto il personaggio di Nick Cheung, l’amante della maitresse Kam (cioè Sandra Ng) che esce di galera e rappresenta la vecchia Hong Kong, faticando maledettamente ad adattarsi al nuovo modo di vivere, o restando perplesso davanti al fatto che le persone preferiscano gli sms alle telefonate (“ma nessuno vuole più ascoltare, con gli sms parli solo tu e non devi perder tempo con le risposte degli altri”…).
Lo spettatore occidentale fatica ovviamente a cogliere la quantità di allusioni e ammiccamenti alla Hong Kong di oggi e di ieri, ma nella sua frizzante vacuità “Golden Chickensss” non perde l’occasione per teorizzare come e perché un certo tipo di cinema stia diventando pura astrazione ritmica, specchio di un mondo e di una società che si sono svuotati di qualsiasi contenuto. Con una marea di partecipazioni speciali, da Louis Koo a Andy Lau, che giocano ovviamente sul rapporto tra l’immagine, il suo doppio e la vita reale.
(renato venturelli)
