di Juri Saitta.
Incontro con Nicola Di Francescantonio, regista di Una canzone per il Paradiso.
Gino Paoli e don Gallo sono i protagonisti di Una canzone per il paradiso, un “documentario” sulla “scuola genovese dei cantautori” ambientato tra il centro storico e il porto della città. L’opera è del regista Nicola Di Franscescantonio, filmmaker genovese già autore dei lungometraggi Piccole stelle (1989) e Proibito baciare (2002).
Da quale idea nasce il documentario?
Dal desiderio di scoprire una verità inedita sulla canzone d’autore genovese e di omaggiare la città.
Il film non è un vero documentario, ma un’opera con una sceneggiatura dove ci sono anche sequenze surreali. È un lavoro che viaggia tra passato e presente, unendo tre modalità diverse e contrastanti: il documentario, la finzione e il fantastico. Per questo è stato fondamentale Sergio Stivaletti, creatore degli effetti speciali.
Inoltre, vorrei ricordare anche don Gallo, un uomo eccezionale e “normale” allo stesso tempo, che ha insegnato a vedere nelle diversità non delle minacce, ma delle opportunità.
Com’è stato finanziato e distribuito il film?
Inizialmente doveva produrlo Rai Cinema, la quale era disponibile solo per il 2015. L’opera è stata realizzata con i miei risparmi, i contributi di alcune istituzioni e, soprattutto, con l’aiuto di persone – anche non benestanti – interessate al progetto.
Pur non avendo una distribuzione tradizionale, il film è stato proiettato il 7 maggio in 36 sale d’Italia, che hanno registrato il pieno.
In questo momento l’opera sta facendo il giro in molte città italiane e sarà trasmessa su Rai Tre in data da definirsi.
Oltre a Una canzone per il paradiso e Piccole stelle (più volte trasmesso in tv), ha all’attivo Proibito baciare e un progetto mai realizzato in Colombia.
Proibito baciare è un film di fantascienza ambientato in una Genova opprimente in cui tutti sono controllati e dov’è proibito manifestare affetti.
Il film colombiano è Le avventure di un regista povero. È la storia di un regista di matrimoni che va a girare un film in Colombia, dove coinvolge la popolazione. Questa, per una serie di equivoci, pensa che alcuni mezzi cinematografici (il Dolly, le pizze) servano a trovare acqua o a costruire case. È un soggetto che un giorno vorrei girare.
Per me il cinema è sempre stato un bisogno soddisfatto anche con fatica e sacrifici.
Ha in cantiere un altro film?
Sì: Il fabbricasogni. È un film su un rappresentante di commercio che perde il lavoro dopo 35 anni, ma che troverà la sua strada in un’attività più creativa e fantasiosa.
Juri Saitta