di Anurag Kashyap. Dal regista di Gangs of Wasseypour, un altro film criminale indiano dal ritmo infernale. Stavolta c’è di mezzo il rapimento di una bambina, che il padre è andato a prendere in casa dell’ex-moglie ma poi ha lasciato sola in auto. E quando si scatena la caccia ai rapitori, ad avere un ruolo di primo piano è anche il nuovo marito della madre, perché si tratta di un poliziotto dispotico, autoritario, prepotente e forse qualcos’altro.
Il risultato è il ritratto cupo e amarissimo di un’India media e quotidiana, quella di una piccola borghesia dove tutti gli adulti si rivelano personaggi avidi e corrotti, il patrigno tiene praticamente segregata la moglie in casa, amici e amanti tramano alle spalle e insomma il quadro umano è catastrofico. Una vicenda di fallimenti personali, dove però il racconto è costantemente tenuto su ritmi altissimi, sempre mescolando il poliziesco nerissimo all’action e al melò.
Col dubbio che stavolta il dinamismo vorticoso non sia altrettanto efficace rispetto a Gangs of Wasseypour: alle prese con una vicenda meno epica, ma più fondata su rapporti ambigui e relazioni psicologiche, il portare sistematicamente ogni situazione al suo culmine enfatico finisce per sfociare in una spettacolarizzazione un po’ superficiale, esaltando la componente più meccanica del racconto. Notevole comunque: una conferma per Anurag Kashyap. E già passato alla Quinzaine di Cannes: al TFF nella sezione Festa mobile.
(Renato Venturelli)