TFF 2013: New Hollywood

La retrospettiva del TFF 2013 sulla New Hollywood si ricollega idealmente alla bella rassegna sugli indipendenti americani realizzata al festival torinese nel 1992 dalla stessa Emanuela Martini, e a tutto il lavoro condotto nel frattempo dal TFF sugli autori del “nuovo” cinema statunitense nato dagli anni ’70.

Naturalmente, rispetto all’edizione di vent’anni fa c’erano ormai ben poche sorprese, scoperte o riscoperte da fare, e non resta che attendere la seconda parte della retrospettiva (nel 2014) per vedere se esce fuori qualche rarità. Si può per ora constatare che come anticipatori sono stati scelti il Sam Peckinpah di Sfida nell’Alta Sierra (1962) e il Roger Corman dei Selvaggi (1966), seguiti dagli inevitabili Gangster Story di Arthur Penn, Easy Rider, e via via gli altri titoli fino al fatidico 1975 dello Squalo, quando tutto comincia a finire: anno per il quale vengono scelti Milestones di Robert Kramer e John Douglas, Bersagli di notte di Penn, il meno ovvio Smile di Michael Ritchie (regista destinato a cominciare la sua discesa fin dall’anno successivo, col pur simpatico ma certamente ridimensionato Che botte se incontri gli Orsi) e il meno nuovo – a dire il vero – Marlowe di Dick Richards col grande Mitchum.

In mezzo, poche sorprese. Ma se Per 100 chili di droga di Bill L.Norton è un film che nel frattempo si era ampiamente guadagnato una fama cult e si era potuto abbondantemente rivedere, si è trovato con piacere in programma il certamente minore ma poco frequentato Il pornografo di John Byrum, autore che del resto si era nel frattempo perso completamente di vista.

Come rassegna-contenitore per permettere ai più giovani di vedere per la prima volta su grande schermo una serie di classici, la retrospettiva ha sicuramente raggiunto il suo scopo. Ma va anche detto che questo rito della New Hollywood è ormai diventata una ricostruzione piuttosto accademica del cinema americano dell’epoca, che alla lunga rischia di oscurare qualsiasi altra prospettiva storiografica, ponendosi come unica via maestra.

E invece unica via maestra non lo era affatto, come ben sappiamo. Proprio in quegli stessi anni, e magari partendo da quegli stessi anticipatori, il cinema americano ha conosciuto altre strade, altre piste. Ed è in quegli anni di affrancamento che ad esempio una serie di registi formatisi alla scuola classica degli studios hanno trovato la possibilità di esprimersi con una nuova libertà, realizzando alcuni dei loro film migliori e mantenendo viva un’idea di cinema americano che altrimenti rischiava di finire inghiottita anzitempo, anche se era poi destinata comunque a soccombere col finire del decennio.

E’ un discorso che ovviamente riguarda grandi maestri riconosciuti come Robert Aldrich e Don Siegel, ma anche tanti altri, a cominciare da Richard Fleischer che realizza in questi anni alcuni dei suoi film migliori (I nuovi centurioni, L’ultima fuga…), di Phil Karlson che in pratica rifà La città del vizio con Un duro per la legge e il suo gusto pop ruvido e fiammeggiante, e poi di John Sturges, Robert Parrish e così via. Senza contare nuovi registi che si affacciano sulla scena in quegli anni, con film di genere che poco o nulla hanno a che spartire col clima New Hollywood, ma che partecipano pienamente della grande stagione anni ’70: da una posizione meno ideologica e più classica, che meriterebbe prima o poi di essere approfondita.

(Renato Venturelli)

Postato in 31° Torino Film Festival, Eventi, Festival.

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