di Manuel Martin Cuenca. Un sarto di Granada lavora scrupolosamente a confezionare abiti per la sua clientela d’alto bordo, è inserito in una confraternita religiosa a carattere elitario, conduce una vita solitaria e inappuntabile. Ma appena incrocia una donna che accende il suo desiderio, la prende, la macella e se la mangia: meticolosamente, tagliando gli stalli come taglia la stoffa dei suoi abiti, e degustando poi le bistecche femminili tutto solo nel suo appartamento, con un bicchiere di rosso, davanti al freezer zeppo di carne umana surgelata.
Gli sviluppi non sono poi particolarmente originali: il sarto serial killer prima o poi conosce la sorella di una sua vittima, se ne innamora, deve decidere che fare… E il film parte dallo spunto horror per orientarlo in una direzione molto più ambiziosa. Il ritmo è lento e quasi ostentatamente monocorde, le immagini sempre accuratamente costruite, la narrazione evita qualsiasi effetto thrilling: nella raggelata nitidezza che esprime pulsioni socialmente inconfessabili, la fantasia carnale di amore e morte sembra guardare piuttosto a Bunuel e agli orrori surreali. Premiato a San Sebastian/Donostia per la miglior fotografia, spesso giocata sul contrasto tra le luci fredde con cui viene ripreso il protagonista e il calore dell’incarnato delle vittime. E con l’efficace Antonio de la Torre di La ballata dell’odio de dell’amore (Alex De La Iglesia): sulla soglia dell’horror, nell’ambito della recente riscoperta del fantastique spagnolo. Sezione After Hours.
(Renato Venturelli)