Il Cinema Ritrovato


Il Cinema Ritrovato: XXVII edizioneUna delle voci del catalogo della XXVII edizione del Cinema Ritrovato, svoltasi a Bologna dal 29 giugno al 6 luglio, ha come titolo “Il paradiso dei cinefili”. Ed effettivamente, questa rassegna di film del passato, ritrovati, restaurati o semplicemente riproposti, ha presentato ancora una volta molte mirabilie. Se in quei sette giorni vi foste trovati a camminare lungo le strade del triangolo cittadino compreso tra via delle Lame, via Marconi e via Azzo Giardino, dove si trovano il cinema Arlecchino, il Jolly e il Lumière, avreste incontrato processioni di persone dallo sguardo assorto, in marcia verso l’una o l’altra sala, nel tentativo, non semplice, di seguire il maggior numero possibile di eventi. Per sette giorni, questi appassionati spettatori provenienti da molti paesi del mondo, si ritrovano a vivere in una dimensione al di fuori del tempo, molto vicini alla presunta beatitudine del paradiso.
Dopo le retrospettive dedicate a Ford, Hawks e Walsh, questa edizione si è occupata di Allan Dwan, nome decisamente meno noto dei precedenti ma non meno interessante. Il suo primo film è del 1911, l’ultimo del 1961, in mezzo ce ne sono molti altri, sicuramente 400, ma pare siano stati più di mille. Come spesso accadeva ai pionieri del cinema, la sua carriere di regista è iniziata per caso. Si è confrontato con ogni genere anche se, forse, le sue cose migliori le ha espresse con la commedia, sempre con uno sguardo a Capra ed uno a Lubitsch e con personaggi femminili incredibilmente moderni. Ricordiamo, tra quelle viste a Bologna, Fifteen Maiden Lane (L’ultima partita) del ’36, Up in Mabel’s Room (Nella camera di Mabel) del ’44 e The Inside Story del ’48. Era un regista che realizzava film con poco denaro, le scenografie dei suoi western erano essenziali e raramente utilizzava attori famosi: il nome in cartellone non era John Wayne ma John Payne, non Cary Grant ma Denis O’Keefe. Una regola che ha avuto almeno due grandi eccezioni: Douglas Fairbanks straordinario interprete di D’Artagnan in The Iron Mask (La maschera di ferro) del 1929 e Claire Trevor che nel ’37 ebbe una nomination all’Oscar e girò con Dwan sei film.
Ci sono state, naturalmente, altre sezioni che hanno fatto la gioia dei cinefili. Ne citiamo alcune.
“I muti di Hitch”. Nove film muti di Alfred Hitchcock restaurati dal BFI grazie alle iniziative culturali promosse in occasione delle Olimpiadi di Londra. Melodrammi, commedie brillanti traboccanti ironia e film di suspance che negli anni ’20 avevano già fatto di Hitch il più importante regista inglese. Tra questi: The Lodger del ’26 con Ivor Novello, “il primo vero Hitchcock”, come lo definì lo stesso Hitch; Downhill del ’27 sempre con Novello; The Pleasure Garden del ’26 e Champagne del ’28.
“Lettere da Chris Marker”. Otto film del mitico cineasta francese morto la scorsa estate a 91 anni, “l’uomo con la rolleiflex sempre appesa al collo”, grande interprete di un particolare genere cinematografico, il film – saggio, di cui si è servito per i suoi reportage di viaggi in “luoghi lontani”, realizzati con uno stile assolutamente personale in cui assembla molti elementi apparentemente inconciliabili che trovano la loro unità attraverso la parola: il commento fuori campo che unisce coerentemente tutte le cose. La sua opera più celebre è La jetée: film immobile composto di fotogrammi, negazione del cinema ma anche sua rivelazione, nell’istante in cui un fotogramma prende a muoversi e un uomo a correre. E’ questo piccolo film di 28 minuti del ‘62, dove l’immaginario e il reale, il passato, il presente e il futuro coesistono nello stesso istante, che contiene la grande idea da cui nel ’95 Terry Gillliam ha tratto il suo film, L’esercito delle 12 scimmie.
“Tenerezza e ironia. Vittorio De Sica, attore e regista”. Otto titoli selezionati da Gian Luca Farinelli per presentare ad un pubblico internazionale la straordinaria bravura e versatilità di questo grande protagonista del cinema, “il primo divo italiano moderno, comparabile a Maurice Chevalier, a Gary Cooper, a Hans Albers”…. In sala, ad introdurre i film, oltre a Farinelli, era spesso presente il figlio Manuel e, per I bambini ci guardano del ’43, anche la figlia Emi, per raccontare al pubblico come il padre avesse rubato a lei, che all’epoca aveva 5 anni, alcune espressioni usate dal piccolo Pricò. Jean Gili ha invece introdotto L’oro di Napoli del ’54, ed ha spiegato il motivo che indusse la distribuzione francese ad eliminare uno dei sei episodi che compongono il film, Il professore: il pubblico in Francia non avrebbe mai compreso la dotta disquisizione di De Filippo circa la differenza tra la pernacchia e il pernacchio:….”quella di ora si chiama pernacchia, il pernacchio, quello vero, non esiste più, saremo rimasti quattro o cinque in tutta Napoli a saperlo fare. Con il pernacchio si può anche scatenare una rivoluzione!”. La produzione italiana di Ponti e De Laurentiis tagliò invece l’episodio in cui viene mostrato il funerale di un bambino, Il funeralino, perché giudicato troppo deprimente. Gili ritiene invece che “l’oro” di Napoli si trovi proprio in questo episodio, perché a Napoli si vive, o si viveva, con una sorta di saggezza data dalla pazienza e dalla speranza. La pazienza e la speranza con cui si deve attendere la morte. Tra i film scelti anche una pellicola ormai piuttosto rara, La porta del cielo del ’45: finanziato dal Vaticano ma sceneggiato dall’ateo Zavattini, si svolge quasi per intero sui vagoni di un treno che trasporta pellegrini al santuario di Loreto. Grazie al coinvolgimento del Vaticano il film poté essere girato a Roma, evitando così alle moltissime persone del cast, il trasferimento a Venezia negli studi della Repubblica di Salò.
“Ritrovati e Restaurati”. Più di 20 film del passato restituiti al loro antico splendore, tutti film importanti, anche se per diverse ragioni, e alcuni di grande bellezza: Plein soleil (In pieno sole) di René Clément; Experiment in Terror (Operazione terrore) di Blake Edwards; Badlands (La rabbia giovane) di Terrence Malick; Berg-Ejvind Och Hans Hustru (I proscritti) di Victor Sjӧstrӧm …….e, proiettato in Piazza Maggiore l’ultima sera della rassegna, per concludere degnamente questa edizione: Jour de Fête di Tati.

Antonella Pina

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