We Are What We Are di Jim Mickle


Spezzatino di carne umana con fagioli: un omaggio alla misericordia di Dio.

RICETTE DALLA QUINZAINE
Somos lo que hay del messicano Jorge Michel Grau era stato presentato alla Quinzaine des réalisateurs nel 2010 e in soli due anni è diventato un film di culto tanto da interessare una produzione americana che ne ha fatto un remake: We Are What We Are diretto da Jim Mickle, presentato quest’anno alla Quinzaine del festival di Cannes. Nella pellicola di Mickle si mescolano molti generi che forse rallentano il ritmo del film oltre a distogliere l’attenzione dal cuore della storia: una normale e quieta famiglia del Delaware si nutre di carne umana non per fame, come accadeva nella pellicola di Grau, ma per motivi religiosi. C’è in compenso una vena di ironia che attraversa tutto il film e che alleggerisce ogni cosa, anche se in alcuni momenti si fa troppo sottile per poter essere percepita mentre in altri ha una sottolineatura eccessiva. I protagonisti sono i membri della famiglia Parker: il severo patriarca Frank; la moglie, che muore in modo misterioso all’inizio del film; le due giovani figlie, Rose e Iris, belle e delicate come i fiori suggeriti dai loro nomi, e il fratellino Rory. I Parker sono molto devoti ed offrono periodicamente a Dio il sacrificio di un essere umano perché i loro avi poterono salvarsi dalla fame e quindi dall’estinzione mangiando carne umana, compiendo così, a loro dire, la volontà di Dio. Per fortuna dobbiamo assistere ad un unico sacrificio, quello di una giovane donna barbaramente uccisa sul cui corpo, dopo essere stato amorevolmente lavato, vengono evidenziate con un pennarello rosso le varie pezzature, come si fa per la carcassa di un maiale o di una mucca. Poi, dopo varie operazioni di macelleria, viene finalmente cucinata. Purtroppo non possiamo darvi indicazioni circa la parte scelta, ma siamo in grado di esprimere un giudizio visivo sul risultato finale: un succulento spezzatino con fagioli alla maniera toscana. E non è ancora tutto. Il film si conclude con le dolci Rose e Iris che, ribellandosi con amore all’amore del proprio padre, deciso ad ucciderle pur di salvare la famiglia dalla prigione e quindi dall’impossibilità di poter continuare a mangiare carne umana, lo immobilizzano e lo divorano vivo, come lupi con la carcassa ancora fremente di un cervo.
Il cannibalismo fa parte della nostra storia così come l’idea che un uomo possa offrire in sacrificio il proprio corpo perché altri uomini, nutrendosene, possano salvarsi. Il cinema si è occupato spesso di questo tema. Tralasciamo i molti horror con zombi e altri esseri dall’ esibita mostruosità e ricordiamo alcuni titoli dove i cannibali hanno sembianze ingannevoli: Ferreri con La carne ci mostra Castellito che mangia la Dellera per amore, perché il suo corpo possa restare per sempre dentro di lui; in Alive – Sopravvissuti si mangia carne umana per sopravvivere; in Delicatessen e in Sweeney Todd per fare buoni affari; ne Il silenzio degli innocenti Hannibal mangia persone che, a suo dire, non meritano di vivere; ne Il cuoco, il ladro sua moglie e l’amante la moglie fa cucinare dal cuoco il suo amante – ucciso dal marito – e lo offre al marito costringendolo ad una sorta di coerenza estrema obbligandolo ad assaggiarne le carni; infine in Profumo – Storia di un assassino, tratto dal bel romanzo di Patrick Sϋskind, il protagonista, Jean Baptiste Grenouille, si offre in pasto agli uomini affamati d’amore e di bellezza. E via dicendo.
Per uno spezzatino con fagioli del tutto simile, nell’aspetto, al piatto preparato da Rose e Iris, occorrono, per quattro persone: 800 g di polpa di vitello, ma dovrete optare per il maiale se vi fidate di ciò che afferma Daniel Day-Lewis nei panni di William Cutting detto “il Macellaio” nel film Gangs of New York di Scorsese: “E’ una grande lezione di vita macellare la carne. Siamo tutti fatti delle stesse cose: carne e sangue, tessuti e organi. Mi piace lavorare il maiale. La cosa che assomiglia di più alla carne dell’uomo è la carne del porco”. L’ affermazione è talmente bella e potente che la citiamo in questa rubrica per la seconda volta in cinque anni. Quindi prendete dell’ arista di maiale, tagliatela a dadini, infarinateli e fateli rosolare per alcuni minuti in olio extravergine. Trasferiteli in un tegame, possibilmente di ghisa, dove avrete fatto soffriggere cipolla, sedano e carota. Sfumate con un bicchiere di vino bianco e aggiungete due mestoli di brodo vegetale e 150 g di salsa di pomodoro. Cuocete per circa un’ora e mezza regolando di sale e pepe. Fate cuocere separatamente i fagioli borlotti – preferibilmente la varietà Lamon acquistata a Lamon – con due foglie di alloro, dopo averli messi una notte in ammollo. Lasciateli raffreddare nella loro acqua, frullatene una piccolissima parte e poi versateli nello spezzatino quasi a fine cottura. Si dovrebbe aggiungere del rosmarino ma non ci pare di averne visto nello spezzatino di Rose e Iris. Se volete un vino in equilibrio con il piatto abbinate un Rosso Conero, se invece volete dimenticare ciò che state mangiando, abbinate un Valpolicella Ripasso.

Antonella Pina

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