Evil shots, il cui sottotitolo è “chi nasce deve morire” è la rassegna di dodici corti presentati in concorso al TIFF 12, Transilvania International Film Festival di Cluj in Romania. Prevalenza di opere spagnole, una italiana, le altre un po’ di tutto il mondo, incluso Nord e Sud America nonché svizzera a dimostrazione che il mondo della paura non ha confini. La maggior parte dei registi sono giovanissimi, il cileno Victor Uribe e lo svizzero Peter Volkart meno, ma ambedue sono impegnati non solo nel cinema, per loro divertimento e forma d’espressione ‘alternativa’ al proprio lavoro, ma anche nella grafica.
Alexis (2012) è un titolo che proviene dalla Spagna. Diretto da Alberto Evangelio racconta di bambino di 9 anni che ha ucciso i genitori. Dietro a questo tanto tragico fatto, vi è la presenza di un team di perfide persone che piano piano lo hanno trasformato in macchina da morte. Ma le macchine, nei film, si ribellano quasi sempre ai loro creatori. Semplice, mai banale, ben costruito.
Io sono morta (I am dead, 2012) è corto un po’ troppo pretenzioso firmato dall’italiano Francesco Picone che ha annunciato il suo possibile passaggio al lungometraggio con una storia sugli zombie. Una coppia di amici va in gita in montagna, lui è innamorato e non ricambiato. Quella che doveva essere una tranquilla giornata di relax si trasforma ben presto in un incubo… e lei ha ragione a dire varie volte al ragazzo che non sa realmente chi sia, che proprio non la conosce. Molte citazioni, sceneggiatura debole, voci del doppiaggio aggiunte in maniera non efficace.
The End (2012) è diretto dal romeno Marius Roşu e racconta del martirio del Uomo grasso (The Fat Man). I suoi aguzzini senza nome e senza volto sono implacabili nei loro sforzi, portandolo alla pazzia. Un classico senza troppa fantasia ma gradevole nella costruzione.
Fist of Jesus (Pugno di Gesù, 2012) degli spagnoli Adrián Cardona e David Muñoz è goliardicamente irriverente, con un gioco intelligente che spesso spiazza lo spettatore; con toni da horror classico, trash assoluto, pochi mezzi, tantissime idee. Gesù, nella sua enorme bontà, fa risorgere Lazzaro ma col piccolo problema che diviene uno zombie. Uccide, infetta e Gesù, con l’aiuto del fidato Giuda e della sua moltiplicazione dei pesci, elimina centinaia di esseri trasformati. Alla fine, per consolarsi, dice che ha provveduto ad inviare in cielo tante anime. Ben costruito, collaborano gratis oltre 200 persone.
The Tale Of The Wall Habitants (Il racconto degli abitanti del muro, 2012) del serbo Andrej Boka ha creato un poetico ed onirico film che merita di essere visto. Colori tendenti al grigio, tanta fantasia, un racconto equilibrato in ogni sua parte. Il conflitto tra le porte e le finestre minaccia di degenerare in una vera guerra. Siamo in un borgo antico dove si accorge di questa nuova situazione solo una bimba. Le finestre che lanciano contro le porte i vasi di fiori, le porte che rispondono spingendo verso l’alto le bottiglie di latte che infrangono i vetri. Non esiste un vincitore, in questa lotta tutti perdono.
Necrolovers (Amanti della necrofila, 2012) del cileno Victor Uribe è opera composita e compiuta in cui un’ottima tecnica si sposa con un valido costrutto narrativo. Con l’aiuto di una forza femminile un folle riesce a fuggire da ospedale psichiatrico. La forza lo guida fino a un vecchio cimitero dove scopre saccheggiatori e dissacratori di tombe. Goticheggiante, riesce a creare la paura attraverso immagini mai trash.
Dood van een Schaduw (Morte di un’ombra, 2012) del belga Tom Van Avermaet è sicuramente una delle più interessanti opere presentate e dimostra che in pochi minuti si possono costruire grandi emozioni. Bloccato nel limbo tra vita e morte, soldato caduto durante la guerra deve raccogliere con una particolare macchina fotografica le ombre di persone che stanno per morire così potrà avere una seconda possibilità di vita e di amore. Ma quando è vicinissimo al suo risultato, si sacrifica e dona questa possibilità ad una coppia. Bello, dolce, affascinante riesce a dare l’emozione di un mondo parallelo possibile anche se improbabile.
Hotel (2012) dello spagnolo Jose Luis Aleman è un classico horror che ha la particolarità di avere un solo interprete. Un uomo sfinito cammina attraverso il deserto, riesce a malapena a stare in piedi, affamato e assetato. In lontananza, intravedere un hotel ridotto a rudere. Entra e ha la sorpresa di trovare tavolate imbandite di ogni cosa buona. Si abbuffa, è felice, fino a quando non si vede allo specchio.
How to raise the moon (Come sale in cielo la luna, 2012) è una coproduzione tedesca danese diretta da Anja Struck. E’ un’opera di animazione resa raffinata dall’uso del bianco e nero con personaggi che possono fare ricordare “Alice nel paese delle meraviglie”. In un mondo parallelo le cose morte o statiche riacquistano vigore in una lotta tra sonno e morte per tornare a vivere. La lotta avviene per portare alla vita una giovane donna.
Charlie Is My Darlin’ (Charlie Manson è il mio idolo, 2012) è interpretato con molta bravura da Stephen Cardwell un autentico ‘bad boy’ delle bande delle Harley Davidson che in poco tempo è stato utilizzato in una dozzina di shorts per il suo preoccupante volto. Racconta dell’incontro tra Roman Polanski e l’assassino della moglie, volendo dimostrare che a seconda del tipo di persona la reazione ad una efferata uccisione può essere notevolmente differente. In pratica, un uomo a cui è stata brutalmente assassinata la moglie da un serial killer vuole vendetta. E’ la natura umana. Ma se fosse Polanski potrebbe vendicarsi in modo artistico. Diretto con grande equilibrio dall’artista visivo scozzese Mick Davis è stato molto contestato dove è stato presentato, ma molto applaudito a Cluj dove, forse, è stata capita la bellezza dell’opera.
The Captured Bird (L’uccello catturato, 2012) è una produzione canadese diretta da Skyler Wexler. Siamo di fronte ad una fiaba dark e poetica che vede una bambina disegnare figure di persone col gesso sul suolo di un parco giochi. Nota una insolita crepa nel pavimento da cui sta colando un liquido nero misterioso, che sembra uscire da un palazzo molto tetro. All’interno, muri che sanguinano bianco e tentacoli che emergono dal soffitto cercando di toccarla. Assiste alla nascita di cinque esseri soprannaturali terrificanti che minacciano l’esistenza del suo mondo. Un finale a sorpresa per un film povero come budget ma molto ricco di idee.
Zimmer 606 (Stanza 606, 2012) è un perfetto prodotto professionale realizzato dallo svizzero Peter Volkart, il più vecchio dei registi presenti avendo 56 anni. Designer, grafico, realizzatore di corti, ha studiato alla New York University cinema. Tutto è perfetto, ogni cosa dona emozioni in una costruzione classica del thriller a cui si aggiungono vari elementi di fanta realtà. Un commesso viaggiatore entra in hotel fatiscente in cui non ci sono stanze libere tranne una che mai viene offerta ai clienti. La camera della mansarda numero 606 nasconde molte insidie. Qualcosa sta accadendo al di là del muro; a creare rumore, vibrazioni, strani suoni non sono le calde effusioni di due amanti ma un mondo parallelo in cui esiste un’apparente normalità salvo che è in netto contrasto con la nostra. L’uomo deve affrontare una notte molto turbolenta, notte che inizia una sera di fine autunno e finisce a primavera. Bello, sicuramente da vedere.