Siamo in tempo di crisi. Non solo economica, ma anche d’identità, soprattutto perché siamo inseriti in una società in bilico e in perenne mutamento, in cui si perdono continuamente i propri punti di riferimento.
Questo è almeno quello che sembra voler affermare il regista e sceneggiatore francese Pascal Bonitzer con Cherchez Hortense, presentato fuori concorso alla 69° Mostra del cinema di Venezia.
Damien, un professore di Storia Cinese, è alle prese con diversi problemi, famigliari e non solo: l’attraversamento di una crisi di coppia con la moglie Iva; la difficoltà ad educare il figlio adottivo Noè; il compito di chiedere al padre, un funzionario del dipartimento di Stato con cui ha rapporti perlomeno distaccati, di aiutare Zorica – un’emigrata irregolare – a non essere espulsa dalla Francia.
A prima vista, la storia sembra voler affrontare singolarmente tematiche molto vaste e diverse tra loro, le quali hanno componenti sia personali che sociali.
Cerchez Hortense non ha però questo intento: infatti, non è solo un film sulla crisi di coppia, non è solo un film sul rapporto tra padri e figli, non è – infine – solo un film sui problemi dell’emigrazione.
Pascal Bonitzer, pur toccando in parte le problematiche sopra citate, vuole piuttosto raccontare la storia di un individuo che non riesce più a tenere sotto controllo il suo mondo, una persona che deve continuamente reinterpretare gli aspetti della propria vita e confrontarsi con le difficoltà da cui per troppo tempo è sfuggito (il rapporto con la moglie e con il padre).
L’opera di Bonitzer, però, non s’interessa solo all’individuo in quanto tale, ma risulta anche una metafora sulla società in cui viviamo, la quale – come scritto precedentemente – è essa stessa smarrita e sperduta in una crisi – economica, politica, morale – che non sa come affrontare e risolvere.
Il tono non è però quello del dramma sociale ed esistenziale, ma risulta al contrario quello della commedia sofisticata dal tocco leggero. Situazioni quasi eccentriche, equivoci vari, battute e dialoghi brillanti attraversano tutto il film, che riesce così a coniugare una certa profondità tematica all’assoluta piacevolezza della visione, grazie soprattutto alla sceneggiatura.
Lo script, infatti, è il punto di forza del film: mai volgare, spesso raffinato ed efficace, solo in qualche momento – nel finale soprattutto – un po’ prevedibile e telefonato.
Tutto questo a scapito della regia, la quale – almeno ad una prima visione – sembra avere un ruolo quasi di secondo piano, intenta soprattutto a seguire in modo funzionale la sceneggiatura e dare risalto alle performance dei protagonisti, tra cui spicca Jean-Pierre Bacri, perfetto nel ruolo dell’uomo di mezza età in crisi.
D’altronde, Bonitzer è, prima ancora che un regista, un importante sceneggiatore, il quale ha lavorato per autori come Rivette, Ruiz e Téchiné, oltre ad essere stato direttore del dipartimento di sceneggiatura alla scuola francese di cinema Le Femis.
In ogni caso, la sua regia non è disprezzabile, in quanto mantiene un buon ritmo e un buon andamento per tutti i 110 minuti del film, qualità non sempre scontata.
Infine, Cherchez Hortense è una buona commedia – efficace e ben realizzata – che affronta in maniera adeguata le crisi del nostro tempo. Evidentemente, il cinema francese riesce ancora a farlo.
(di Juri Saitta)