Woody Allen continua a mandare le sue cartoline dalle grandi città europee. Dopo il trittico londinese spruzzato di giallo (Match Point, Scoop, Sogni e delitti), la visita turistico-sentimentale della capitale catalana (Vicky Cristina Barcelona) e il tuffo nostalgico nella Parigi “d’antan” (Midnight in Paris), ecco che il regista newyorkese è venuto in Italia (dove già aveva girato, a Venezia, alcune sequenze di Tutti dicono I Love You) per raccontare sullo sfondo del capoluogo capitolino quattro storie intrecciate, le quali hanno in comune quello sguardo ironicamente distaccato sugli esseri umani e sulle cose del mondo, con cui l’ormai settantasettenne Woody ama personalizzare l’eleganza formale dei film che continua allegramente a sfornare al ritmo di uno all’anno.
Lo schema narrativo rimane in fin dei conti sempre lo stesso. Si parte da un’idea bizzarra (l’impresario di pompe funebri che solo sotto la doccia rivela eccezionali qualità di cantante lirico), o nostalgico-pedagogica (l’affermato architetto statunitense che, attraverso il proprio vissuto, fa da grillo parlante all’avventura amorosa di un aspirante collega incontrato a Trastevere), o sarcastica (il ruolo dei mass-media nel costruire dal nulla personaggi di successo) o anche da una citazione “cinefila” (il remake di Lo sceicco bianco del sempre amato e citato Fellini), per poi ritagliarvi all’interno delle figurine più o meno azzeccate, ma sempre tali da suggerire un raffinato e autoreferenziale gioco dell’intelligenza da parte di un regista che coniuga sullo schermo la sua disincantata visione del presente.
Quello di Woody Allen è un cinema dai modi gentili, ma sempre caratterizzato da un impronta fondamentalmente autoritaria: come lo sono sempre i film che non ammettono ambiguità interne. È infatti sempre solo lui, il regista, che inesorabilmente conduce il gioco, non lasciando di fatto alcuno spazio all’autonomia dei personaggi e al dialettico confronto con le idee degli altri. Prendere o lasciare. In questo senso, To Rome with Love è un’opera “a tesi”, a volte anche un poco predicatoria, che si rivolge soprattutto ai “fans” di Woody Allen, i quali possono trovare tra i suoi fotogrammi non solo la conferma di uno stile sempre vagamente televisivo (i personaggi che parlano direttamente allo spettatore), ma anche l’innegabile bravura del loro beniamino a infarcire i dialoghi con fulminanti battute in stile cabaret. Ma agli altri cosa resta? Sintetizzando, si potrebbero annotare almeno tre qualità: uno spettacolo nel complesso piacevole da vedere; la presenza di un cast internazionale che Woody Allen ha la capacità di rendere immediatamente simpatico (questa volta torna a dirigere anche se stesso, in un ruolo attraversato da esplicita autoironia); l’esibizione dell’arte di ammantare anche le maggiori banalità in un’aureola di apparente e pensosa intelligenza psicologica, sociale, filosofica. Basta accontentarsi.
Magari relegando in secondo piano la non proprio positiva sensazione che nel cinema di Woody Allen le eleganti immagini e il buon ritmo con cui queste scorrono sullo schermo servano più a incartare la superficiale ripetitività di una visione schematica del reale, che a denunciare – come ogni tanto sembra emergere dalle dichiarazioni del loro autore – il conformismo in cui il mondo contemporaneo sta precipitando e/o il degrado culturale che ad esso sempre si accompagna: anche e soprattutto nelle capitali del mondo occidentale.
TO ROME WITH LOVE
(Nero Fiddled – U.S.A., Italia, Spagna, 2012)
Regia e sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Darius Khondii
Scenografia: Anne Seibel
Costumi: Sonia Grande
Interpreti: Ellen Page (Monica), Alec Baldwin (John), Woody Allen (Jerry), Jesse Eisenberg (Jack), Penélope Cruz (Anna), Roberto Benigni (Leopoldo), Carol Alt (Carol), Alessandro Tiberi (Antonio), Riccardo Scamarcio (Il ladro d’albergo), Flavio Parenti (Michelangelo).
Distribuzione: Medusa
Durata: un’ora e 51 minuti