L’occasione è piacevole, il pubblico interessato, il foyer del Teatro della Corte un’ambientazione sempre adeguata. Giovedì 12 aprile si è svolta la presentazione del saggio Arie d’opera al cinema di Franca Olivo Fusco, autrice triestina legata in maniera particolare a Genova, ed ancor più al Teatro Stabile ed alla Fondazione Mario Novaro, organizzatori dell’incontro. Già nel 2005, infatti, in occasione della pubblicazione del suo esordio nella saggistica, Cinema&Poesia, l’autrice era stata ospite del teatro genovese.
Il lavoro della Fusco è singolare ed avvincente: scovare i punti di contatto tra diverse forme d’arte – cinema, poesia, musica operistica – ed illustrare i risultati raggiunti.
L’autrice – docente di Poesia italiana e straniera dal 1800 a oggi presso l’Università delle LiberEtà – è disponibile, coinvolta ed appassionata. Prima dell’inizio della presentazione, quasi di nascosto, conta i presenti, e lo fa con il sorriso sulle labbra. Sia soddisfatta o contrariata, non è dato sapere.
L’introduzione è affidata a Maria Novaro e a Roberto Iovino, docente di Storia della musica al conservatorio Paganini di Genova. La presentazione vera e propria è strutturata sulla proiezione di dieci spezzoni di film, ritenuti dall’autrice tra i più significativi all’interno dei titoli selezionati. Si comincia con il celeberrimo estratto iniziale di Senso di Luchino Visconti, con Il trovatore di Verdi in scena alla Fenice di Venezia. Tutta la suggestione della musica e tutta la potenza narrativa del cinema, per una sequenza dal forte contenuto patriottico che è rimasta nell’immaginario collettivo. Si prosegue con Pretty Woman di Gary Marshall (film che, sostiene l’autrice, rappresenta per il cinema ciò che L’attimo fuggente rappresenta per la poesia: la risonanza commerciale – e sia detto in termini positivi) e Philadelphia di Jonathan Demme, ovvero: Julia Roberts e Tom Hanks in due dei passaggi più memorabili delle rispettive carriere. La Roberts in abito rosso Valentino è bella da togliere il fiato; Tom Hanks nei panni dell’avvocato sieropositivo Andrew Beckett, trasportato dalla voce della Callas sulle note dell’aria La mamma morta dell’Andrea Chénier di Umberto Giordano, è sensazionale. Ci sono scene che, pur se viste svariate volte, danno sempre i brividi. Quest’ultima è una di quelle.
La rassegna continua con due pellicole ambientate nei campi di sterminio nazisti: La vita è bella (la scena del Voltati! Voltati! Voltati! si svolge a teatro durante una rappresentazione de I racconti di Hoffman di Offenbach) ed Il servo ungherese di Massimo Piesco (è la volta della Carmen di Bizet).
Altri passaggi sono tratti dal delicatissimo Il pranzo di Babette di Gabriel Axel, da Stregata dalla luna di Norman Jewison e da Il conte Max di Giorgio Bianchi, con Alberto Sordi ad intonare le note dell’aria Com’è gentil, dal Don Pasquale di Donizetti. Splendida la scena di Mare dentro di Alejandro Gonzalez Inarritu: il sogno ad occhi aperti del tetraplegico Ramon (Javier Bardem), accompagnato dal Nessun dorma della Turandot. L’elenco termina con Una notte all’opera di Sam Wood, il maggior successo cinematografico dei Fratelli Marx, nell’occasione spassosissimi sabotatori di una messa in scena de Il trovatore.
Qualche informazione pratica. Il libro si apre con la prefazione di Giorgio Placereani, è edito da Bastogi ed in quarta di copertina riporta il non proibitivo prezzo di 15 euro. Per gli addetti ai lavori, un must. Per i frequentatori abituali, invece, una (buona) occasione di esplorare un territorio del cinema che viene sovente tenuto in scarsa considerazione. Il volume si suddivide in 80 capitoletti, ognuno relativo ad una specifica aria d’opera, con precisi riferimenti alle pellicole nelle quali questa è inserita. Di ogni film vi è una puntuale scheda, e di ogni aria viene riportato il testo: quando si dice il rigore.
I film ed i registi menzionati sono i più disparati; percorrendo il sentiero di alfabetizzazione tracciato dalla Fusco capita così di imbattersi in Francis Ford Coppola, Gary Marshall e Jonathan Demme, ma anche in Fellini e Visconti, fino a Bertolucci, amante del genere, ed al più insospettabile Dario Argento. Lo stesso discorso valga per gli estratti operistici: si passa dalle arie più famose ad altre poco pubblicizzate e “fuori repertorio”. Indizi, questi, del grande lavoro di ricerca svolto dall’autrice, che dichiara di aver visionato in sostanza tutti i film che cita nel libro.
Come se non bastasse, la Fusco annuncia la prossima uscita di un nuovo libro, Arie d’opera volume II – pare sia già a metà del lavoro –, che riporterà gli esempi più recenti di commistione tra opera e cinema, con i lavori dei compositori a noi più vicini o contemporanei.
Temi ricorrenti. L’autrice evidenzia la forte presenza di arie d’opera in pellicole che trattano temi quali l’omosessualità o la malavita. Si noti poi la presenza massiccia delle opere di Giuseppe Verdi, così come il ruolo di primo piano svolto dal Metropolitan di New York – domicilio per eccellenza della musica colta negli Stati Uniti – nei film made in USA.
In copertina, uno screenshot da Senso di Luchino Visconti. La contessa Livia Serpieri (Alida Valli) sembra invitarci nel suo palco privato alla Fenice. Rifiutare parrebbe scortese, senza contare che l’offerta è di quelle che non si possono declinare. L’orchestra è pronta, il teatro gremito. Accenniamo un inchino, sistemiamo il papillon, ed entriamo.
(di Matteo Faccio)