Come resistere ad un Gatto con gli stivali modello Zorro, seduttore, fuorilegge ed amante dell’erba gatta? Quasi impossibile, almeno sulla carta. Se a questo si aggiunge uno score che, sempre sulla carta, promette di intrattenere con ritmi che farebbero ingelosire Speedy Gonzales, allora sembra davvero impossibile. Ma non è così, né per il film né per la colonna sonora firmata da Henry Jackman.
Il compositore, infatti, ha optato per lo stereotipo ‘spaghetti western’, rimanendo di conseguenza fedele alla tecniche e agli strumenti della tradizione musicale latina. E sin qui non ci sarebbe nulla di male. Se però ci si ritrova ad ascoltare uno score che ‘suona’ unicamente come parodia di tutte le tradizionali musiche scelte per i film western, allora si riscontra una totale mancanza di originalità. Ironia della sorte, le migliori porzioni di partitura sono proprio quelle non latineggianti!
Ogni singola composizione, infatti, è come un guscio vuoto; si intuisce un contenuto fantasma, ma poi rimane solo una lunga serie di motivi latini declinati talvolta in chiave naïf. L’ascolto delle singole tracce ripropone ad oltranza tutto lo spettro di toni e strumentazioni utilizzati da Jackman, che come rimedio antinoia si limita ad aumentare le chitarre acustiche, le trombe e le nacchere, alternandole a clavicembalo, armonica e qualche coro. Anche facendo un passo indietro per apprezzare il Gatto con gli stivali nel suo complesso, l’imitazione è così evidente da rendere vano persino lo sforzo di chi, con gran coraggio, cerca di trovarci qualcosa di buono.
(di Barbara Zorzoli)