A otto anni dalla sua prima ed esplosiva comparsa sulle scene mondiali, torna a fare danni il più improbabile e surreale degli agenti segreti che Sua Maestà la Regina di Inghilterra abbia mai avuto al proprio servizio. Squadra che vince non si cambia e quindi tutto è più meno come nella prima puntata, a partire ovviamente da Rowan “Mr. Bean” Atkinson nei panni del protagonista per arrivare al solido e dosato mix di vera azione da spy movie, commedia, gag surreali sull’uso di tecnologia all’ultimo grido e una valanga di ammiccamenti tanto a titoli dello stesso filone quanto a versioni nobili del cinema d’azione. L’idea della parodia del film in stile James Bond non deve però ingannare (come potrebbe far pensare la prima sequenza con Johnny English finito in un monastero buddista in Tibet a ripensare alle proprie priorità esistenziali dopo i disastri combinati in Mozambico durante l’ultima missione) perché non siamo in zona “Due mafiosi contro Goldginger”. Parodia sì, ma fino a un certo punto perché il plot è solido, i mezzi investiti ingenti e il prodotto finale un lungometraggio di tutto rispetto in cui la presa in giro delle versioni “serie” di storie di spie non è mai sbracata e si ride di gusto per situazioni veramente comiche e non per mere scimmiottature. Peccato però per il doppiaggio perché nella versione originale anche la lingua in bocca all’eroe è parte del gioco riuscitissimo di mimesi e sberleffo.
(di Guido Reverdito)