Il cineasta italiano realizza satira feroce contro i diversi sistemi di potere e un discorso ironico e critico sul cinema. Un film da rivedere, un regista da rivalutare.
I festival e le mostre del cinema non sono utili solo per avere la panoramica più amplia possibile sul cinema attuale, con le sue diverse tendenze e provenienze, ma anche per scoprire o riscoprire autori e film del passato, soprattutto se, per i più disparati motivi (problemi di distribuzione, sbagli critici, ecc.) sono passati in sordina all’epoca e oggi vengono praticamente dimenticati.
È in tal senso che la mostra di Venezia ormai da anni organizza diverse retrospettive, che possono riguardare sia singoli autori, come quella del 2006 sul regista brasiliano Joaquim Pedro de Andrade, sia su correnti di certe cinematografie, come ad esempio la rassegna del 2007 dedicata al western all’italiana.
Quest’anno la retrospettiva, intitolata Orizzonti 1961-1978, è stata dedicata al cinema italiano sperimentale e, in più in generale, indipendente e di ricerca.
Diverse le pellicole proiettate, da Anna di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli (1972-1975) a Sul davanti fioriva una magnolia di Paolo Breccia (1970), a In punto di morte di Mario Garriba (1971), solo per citarne alcune.
Tra gli omaggi più interessanti e curiosi di tale rassegna risulta indubbiamente quello ad Augusto Tretti, aiuto regista di Federico Fellini e autore di nicchia degli anni ’60 e ’80.
Il cineasta italiano ha in realtà realizzato solo quattro film (La legge della tromba, Il potere, Alcool, più il cortometraggio documentario Mediatori e carrozze), non riuscendo mai a girare La battaglia di Lissa, a causa dei non pochi problemi avuti con la produzione e la censura, che lo ritenevano giustamente un regista politicamente scomodo per la sua vena satirica contro il sistema politico ed economico capitalista.
Anche il modo di lavorare del regista può essere considerato particolare e anticonformista, soprattutto per quanto riguarda la stesura della sceneggiatura che, dialoghi a parte, era volutamente abbozzata.
Lunedì 5 settembre è stato fatto un omaggio all’autore, proiettando prima il piccolo documentario dedicategli nel 1985 Augusto Tretti: ritratto di Maurizio Zaccaro (presente in sala per introdurre la figura del cineasta) e, soprattutto, Il potere, commedia grottesca di Tretti datata 1971.
L’ultima opera citata è una piccola panoramica su come il potere (o meglio, tre poteri: militare, commerciale e agrario, rappresentati in diverse scene da alcune maschere) ha sottomesso, ingannato e soggiogato il popolo nelle diverse epoche storiche, dall’età della pietra, passando per l’antica Roma e il Far West, arrivando al ventennio fascista e all’era consumistica del boom economico.
La pellicola di Tretti illustra queste fasi storiche in modo ironico e farsesco, con diverse idee divertenti e originali, come ad esempio quella del finto spot dell’inutile e inventato oggetto Moblon, presente nell’ultima parte, solo per citare la più riuscita.
Di tanto in tanto, però, l’umorismo viene interrotto da alcune fotografie di tragici e violenti eventi all’epoca attuali, aumentando maggiormente la critica al sistema e scuotendo emotivamente e improvvisamente lo spettatore, che così passa di colpo dalla comicità graffiante dello svolgimento narrativo alla drammaticità cruda e veritiera delle foto mostrate.
Anche se ad una prima visione può apparire tutto sommato piuttosto semplice, ingenua e un po’ rozza, l’opera di Tretti risulta in realtà abbastanza complessa, non solo per le interruzioni drammatiche descritte prima, ma anche per la particolarità della messa in scena.
Girato a basso costo, Il potere esplicita la sua povertà economica in ogni momento, utilizzando gli stessi attori in tutti gli episodi, facendo uso più volte delle maschere (non solo quelle dei tre poteri, ma anche quella di Mussolini, personaggio principale della penultima parte) e mostrando in modo davvero palese che molte sequenze sono filmate in un paesino di campagna, sia quando si tratta di mettere in scena l’età della pietra, che il Far West.
Così, la povertà di mezzi è in questo caso non solo una condizione imposta dalla produzione, ma persino una scelta politica di fondo, quasi che Tretti abbia voluto protestare contro un certo cinema, italiano e non solo, dai budgets altissimi e talvolta sprecati, dimostrando a quei produttori e registi che si può realizzare un film di fiction con messaggi forti e precisi anche con poche risorse economiche a disposizione.
Altro elemento interessante della pellicola è il gioco continuo con i diversi generi cinematografici, i quali vengono sbeffeggiati e omaggiati al tempo stesso, soprattutto nei primi tre episodi. Infatti, la parte preistorica, soprattutto la primissima scena con l’inseguimento di un gallo, ricalca il film d’avventura; la seconda il peplum storico e film come Ben Hur (W. Wyler, 1959) e Spartacus (S. Kubrick, 1960); mentre il terzo è una chiara parodia dei western americani.
Tretti, esplicitando la povertà di mezzi e giocando con i generi, passa da un discorso storico/politico ad uno puramente cinematografico, da un lato contestando i poteri economici della settima arte, dall’altro scomponendo ironicamente gli stereotipi, le convenzioni e quindi l’immaginario stesso che Hollywood ha trasmesso agli spettatori di tutto il mondo.
In conclusione, forse Il potere non è un film perfetto, né probabilmente vuole esserlo, ma risulta comunque molto interessante, divertente e persino affascinante; un film da recuperare assolutamente, sperando che la proiezione alla 68esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sia solo l’inizio di un percorso di ridistribuzione, magari in home video e in qualche fascia oraria televisiva.
(di Juri Saitta)
Il potere
Regia: Augusto Tretti
Cast: Paola Tosi, Massimo Campostrini, Ferruccio Maliga
Sceneggiatura: Augusto Tretti
Paese: Italia
Genere: Grottesco
Anno: 1971
Durata: 86 minuti circa