Titoli di testa: l’ombra di un uomo con due stampelle si avvicina sempre di più allo schermo fino ad avvolgere lo spettatore nella sua massa nera. L’ombra è quella di Walter Neff (F. MacMurray), un assicuratore, che ormai moribondo si avvia in ufficio per confessare un atto terribile: omicidio.
L’assicuratore voleva il denaro e una donna, ma non ha ottenuto né l’uno, né l’altra.
La donna è Phyllis (B. Stanwick), l’affascinante moglie di un cliente della società assicurativa; il denaro è quello che Walter e Phyllis avrebbero intascato dall’assicurazione una volta morto per incidente il marito di lei.
Il piano era perfetto: ammazzare il cliente, simulare il tutto come un incidente, dividere il profitto e vivere per sempre insieme.
Tutto era andato per il verso giusto, peccato che Barton (E. G. Robinson), abilissimo collega di Walter, comincia ad avere dei sospetti e a indagare…
Questa è la trama del quarto film e primo capolavoro di B. Wilder, La fiamma del peccato, tratto dal romanzo di J. M. Cain La morte paga doppio, è un vero e proprio classico del noir, uno dei titoli più rappresentativi del genere e del regista.
Qui, il cineasta mostra già il suo senso critico per la società statunitense, sottolineando il fallimento del sogno americano.
Walter è, infatti, un uomo anonimo, che vive in un appartamento anonimo, che ha un lavoro anonimo da ormai 11 lunghi anni, è un uomo talmente anonimo che se non avesse incontrato la dark lady Phyllis non avrebbe mai pensato alla possibilità di cambiare vita. Comunque, anche il suo modo di dare una svolta alla quotidianità è tutto sommato piuttosto banale: ingrossare il portafoglio.
Phyllis è una donna certamente più decisa e determinata, ma anche lei frustrata da una vita vuota, che riempie con abiti volgari (l’ormai celebre catinella alla caviglia: sensualità o cattivo gusto?) e, soprattutto, con l’odio verso il marito e la figliastra.
Walter e Phyllis sono due prodotti della società di massa, che credono di riscattarsi attraverso il sogno americano di arricchirsi, un sogno che quando estremizzato finisce in un incubo, quello dell’assassinio.
Anche il posto in cui i due s’incontrano per aggiornarsi è uno dei luoghi-simbolo della società di consumo: un supermercato.
L’opera in questione ha indubbiamente un’atmosfera torbida e oscura, in cui il protagonista, come in molti film muti tedeschi, viene attratto e risucchiato dal “male”. Infatti, Walter, pur intuendo la natura malvagia e pericolosa di Phyllis, non può fare a meno di vederla, ormai irrimediabilmente attratto dalla donna, dalla sua sensualità provocante ed esplicita.
Attenzione, però, la vicenda è narrata dalla voce off del protagonista, il quale aggiunge al racconto molte delle sue emozioni e sensazioni, il che rende il tutto più soggettivo e criticabile.
Anche la scelta di scandire la narrazione in flashback, oltre a dare l’idea di un destino ormai compiuto e inevitabile, sembra fatta per concentrare lo spettatore più sulla psicologia dei personaggi che sugli avvenimenti in sé.
Oltre l’esemplare uso della voce fuori campo e del flash back, si possono citare tanti altri aspetti della regia che risultano ottimi ed efficaci, ne ricordiamo due: l’elisse nella scena dell’omicidio e l’originalità della messa in scena in quella della porta.
Nella sequenza dell’omicidio, il regista Wilder usa un’elisse visiva: invece d’inquadrare l’atto dell’assassinio, il cineasta decide di farci vedere solo il volto di Phyllis, prima molto teso e, dopo la morte del marito, più sollevato. Con una sola inquadratura, l’autore riesce contemporaneamente a trasmettere suspense allo spettatore e a mostrargli l’emozione della protagonista.
Altra scena fondamentale è quella in cui Phyllis, per non farsi vedere da Barton, che sta indagando sull’accaduto, si nasconde dietro la porta d’ingresso della casa di Walter, solo che la porta, invece di aprirsi all’interno dell’appartamento, si apre all’esterno, cosa che nella realtà non accadrebbe: la messa in scena in questo caso è indubbiamente irrealistica ma efficace dal punto di vista risolutivo e della suspense.
Nonostante la sceneggiatura risulti ottima, nel migliore stile Wilder, con i suoi dialoghi veloci e le sue battute efficaci, la collaborazione con lo scrittore Raymond Chandler è stata dura e faticosa. Infatti, i due non andarono d’accordo, in quanto secondo l’autore hollywoodiano, lo scrittore non sapeva come si scrivesse una sceneggiatura, tanto che voleva mettere nel copione persino i movimenti di macchina!
La fiamma del peccato ebbe ben sette nomination agli Oscar, ma nonostante la grande regia, le straordinarie interpretazioni dei protagonisti, l’ottima sceneggiatura e la splendida fotografia, non ne ottenne nemmeno uno.
In questo senso, il capolavoro di Wilder è in ottima compagnia.
(di Juri Saitta)
La fiamma del peccato (Double idemnity)
Regia: Billy Wilder
Cast: Fred MacMurray, Barbara Stanwyck, Edward G. Robinson
Sceneggiatura: Billy Wilder, Raymond Chandler
Anno: 1944
Genere: Noir
Durata: 107 minuti circa