L’’investigatore privato Phillip Marlowe (H. Bogart) viene incaricato da un ex generale d’indagare su alcuni ricatti ricevuti riguardanti la figlia minore, Carmen (M. Vickers).
Per Marlowe le ricerche investigative non saranno affatto semplici, tant’è che si perderà nel labirinto dei vari omicidi e dei diversi intrighi, e come se non bastasse, s’innamorerà della figlia maggiore del generale, Vivian (L. Bacall).
Tratto dall’omonimo romanzo di Raymond Chandler, Il grande sonno, prima ancora di essere un noir è un film di Howard Hawks.
Infatti, molte caratteristiche del regista di Susanna (Bringing Up Baby, 1938) e Il magnifico scherzo (Monkey Business, 1952) sono presenti in tale pellicola: i dialoghi ironici e frizzanti, basti pensare ai diversi scambi di battute tra Bogart e la Bacall o alla gag dello scherzo telefonico; la tematica del rapporto e del conflitto tra i sessi, con le diverse allusioni sessuali ed un erotismo che sprizza da tutti i pori, dalla prima scena con l’adolescente Carmen, al rapporto tra l’investigatore e la libraria, fino al dialogo con una taxista e, soprattutto, allo scambio di battute a doppio senso sui cavalli tra Marlowe e Vivian in un locale di lusso.
Inoltre, l’opera è composta da inquadrature classiche, da una regia invisibile e da un montaggio serrato, tutti elementi stilistici tipici di Hawks e, più in generale, del sistema hollywoodiano di cui l’autore era uno dei pilastri. Ne consegue così che The Big Sleep (questo il titolo originale), è su tutta la linea un prodotto tipico, anche se eccellente, della Hollywood classica.
Se il film punta più sui dialoghi caustici che sulla vicenda misteriosa e se le riprese non hanno alcun sperimentalismo tipico del genere, allora perché viene considerato un noir?
In primis, perché, come già accennato precedentemente, è tratto da un libro Chandler, quindi da quella letteratura hard-boiled così importante per il genere americano, ma anche per la fotografia cupa e nebbiosa, la quale ritrae una città notturna fatta da luoghi chiusi, vicoli bui e posti ambigui.
Anche la vicenda labirintica (di cui si capisce veramente poco) in cui Marlowe si perde fa parte di quell’atmosfera d’incertezza e d’inquietudine tipica del cinema noir, un’atmosfera di certo non in linea con altro cinema hollywoodiano.
Pure in questo caso non manca una certa critica sociale, se pur velata e meno spietata rispetto ad altre opere del ciclo, in quanto la trama è ambientata tra persone altolocate, tra case e locali di lusso, in cui però si covano intrighi loschi e affari sporchi, dove avvengono diversi ricatti e omicidi (non è affatto un caso che tutta la vicenda inizia a causa di un ricatto per estorsione).
L’unico uomo medio del film è proprio l’investigatore Marlowe, che sembra giudicare in modo distante e ironico l’alta società da cui è ingaggiato e circondato, diventando così l’antiereoe più eroico del cinema.
Tutti questi elementi, da quelli indiscutibilmente ottimi (i dialoghi, le scene tra Bogart e Bacall, le atmosfere) a quelli apparentemente più difettosi (la vicenda tortuosa e poco chiara) hanno in realtà contribuito a rendere Il grande sonno uno dei noir più celebri della storia e tutt’orna uno dei più affascinanti e indimenticabili del primo, classico ciclo del genere.
Juri Saitta e Lorenzo Martellacci
Regia: Howard Hawks
Cast: Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Martha Vickers
Sceneggiatura: William Faulkner, Leigh Brackett, Jules Furthman
Genere: Noir
Anno: 1946
Durata: 114 minuti circa