Organizzata da CinemaGenovaCentro e Cineteca D.W.Griffith. Un omaggio a Belmondo, quattro grandi classici d’autore, una rassegna sul cinema rock: all’America di Genova, a partire dal 31 maggio.
Una giornata tutta dedicata a Jean-Paul Belmondo, i kolossal d’autore di Bertolucci Kurosawa & Co., i cult-movie del rock dagli Stones a Janis Joplin…
La multisala America di via Colombo a Genova prosegue nelle sue rassegne di classici del cinema e annuncia una serie di proiezioni per vedere ancora una volta in sala film che meritano una visione collettiva, in pellicola e su grande schermo. Il tutto ogni martedì a partire dal 31 maggio fino alla fine di luglio, su iniziativa del circuito CinemaGenovaCentro e della Cineteca D.W.Griffith.
Ad aprire la rassegna sarà Jean-Paul Belmondo, icona della Nouvelle Vague e di tutto un modo giovane, moderno e sfrontato di guardare al cinema impostosi all’inizio degli anni Sessanta. Figlio di uno scultore siciliano emigrato a Parigi, Belmondo aveva fatto il pugile nelle palestre del 1950, si era rotto il naso, ma era poi finito a studiare seriamente da attore. «Al Conservatorio, era uno Scapin formidabile» ha detto di lui l’amico e compagno Jean Rochefort.
«Ma professori e allievi lo guardavano come un marziano: eravamo in pochi a restare ammirati da quella sua modernità d’azione e da quella straordinaria modernità di gesti e atteggiamenti».
Al cinema ha portato una fisicità spavalda, un erotismo istintivo e un temperamento anarchico che all’epoca facevano di lui il corrispondente pa-rigino dei nuovi attori americani, ma senza tormenti e nevrosi manierate da Actors’ Studio. Nella sua gioiosa monografia su di lui, il grande Giuseppe Turroni citava la definizione di Belmondo data dallo scrittore Miro Silvera: «Sembra un dio greco che abbia preso troppi pugni». E Truffaut, da buon cinefilo, aggiungeva che doveva essere il figlio nato da Jean Dastié e Dita Parlo quando si abbracciano in un letto alla fine del mitico L’Atalante di Jean Vigo.
L’omaggio che il 31 maggio gli dedica la multisala America comprende quattro film. Peccatori in blue jeans ci mostra un Belmondo ancora alle prime armi, ma già simbolo di quella gioventù del Quartiere Latino che da lì a poco avrebbe rivoluzionato il cinema e la società, anche se per l’occasione ci viene raccontata da un regista della vecchia guardia “poetica” come Marcel Carné. A seguire, il film-mito Fino all’ultimo respiro di Godard, quindi un’opera molto rara a vedersi come Moderato cantabile (dove Belmondo si mette al servizio del versante più intellettuale, con Peter Brook regista e Marguerite Duras sceneggiatrice), ed infine un’altra rarità, Storia di un criminale: vale a dire un noir assolutamente da riscoprire, diretto da un regista (Robert Enrico) che aveva cominciato al fianco della Nouvelle Vague ma aveva poi preferito sviluppare la sua carriera in film d’azione “virile”. Quel cinema d’azione che negli anni a venire Belmondo mescolerà sempre più alla commedia, secondo una formula da box-office che trasformerà a poco a poco la sua enorme carica innovativa in una più semplice routine divistica.
Ci sono capolavori del cinema che vanno assolutamente rivisti in sala, sul grande schermo, nel pieno di quella visione grandiosa e totale per cui erano stati concepiti. A giugno, ne potremo rivedere quattro, nell’ambito della rassegna “Grande cinema grande schermo” che segue immediatamente l’omaggio a Belmondo. E i titoli in programma sono tutti straordinari affreschi epocali, ambiziosi sul piano del racconto, sontuosi dal punto di vista figurativo.
Si comincia il 7 giugno con L’ultimo imperatore (1987) di Bernardo Bertolucci, sulla vita di Pu-Yi, incoronato a tre anni imperatore della Cina, deposto quando era ancora bambino, finito alla deriva al tempo dell’invasione giapponese, spedito infine a fare lavoro di riabilitazione nella Cina di Mao. Un filmone di oltre due ore e mezza, splendidamente fotografato da Vittorio Storaro, vincitore di ben nove Oscar: a cominciare da quelli per il miglior film e la miglior regia.
A seguire, altre opere di grandi maestri. Come Ran (1985) di Akira Kurosawa, rilettura del Re Lear di Shakespeare (e della vita di un autentico signore della guerra, Moro Motonari) ambientata nel Giappone del XVI secolo: una storia epica di battaglie, potere, tradimenti, dove il regista mescola tradizione nipponica e cultura occidentale nel suo kolossal più costoso. Oppure Fellini Satyricon (1969), dove la Roma imperiale di Petronio Arbitro viene raccontata da Fellini in termini a suo tempo “scandalosi”. E infine Underground (1995) di Emir Kusturica, viaggio dentro la storia della Jugo-slavia realizzato nel momento del crollo, ma viaggio anche all’interno dell’uomo e della sua inestricabile vocazione alla poesia e alla violenza: il capolavoro di Kusturica.
E a luglio, quattro film di culto scelti nella lunga filmografia del cinema rock, pescando tra Rolling Stone e Janis Joplin, Sting, Bruce Springsteen o James Taylor… A cominciare da Gimme shelter (1970), uno dei film-concerto più discussi, violenti e “scandalosi” della storia del cinema: realiz-zato in occasione dell’esibizione degli Stones ad Altamont (California, 1969), ci mostra da una parte Mick Jagger & Co sul palco (c’è anche Tina Turner in una spettacolare versione di “I’ve Been Loving You Too Long”), dall’altra le risse e le violenze scatenatesi tra il pubblico, con gli Hell’s An-gels che vennero incaricati di effettuare il servizio d’ordine e passarono il tempo a picchiare e massacrare gli spettatori, fino ad ucciderne uno.
Per i fan di Janis Joplin ci sarà invece Janis – the Movie (1975), zeppo di materiali sulla cantante che vanno dalle sue performance a una toccante in-tervista televisiva. Per quelli degli Who ecco invece un altro film mitico: Quadrophenia (1979), ispirato al loro album e ambientato ai tempi degli scontri tra Mods e Rockers, con richiami al free cinema e partecipazione di Sting. Ma il pezzo forte di maggiore attualità è probabilmente No Nukes (1980), documentario sulle cinque serate anti-nucleari realizzate nel set-tembre del ’79 al Madison Square Garden, con James Taylor, Carly Simon (“Mockinbird”), Jackson Browne (“Running on Empty”), The Doobie Bro-thers, Crosby Stills & Nash, e tanti altri,
ma soprattutto con uno straripante Bruce Springsteen praticamente agli esordi.