Domenica 10 aprile al Teatro della Tosse in sala Agorà si è tenuto il primo giorno di Contra el Silencio, una rassegna cinematografica organizzata dal Laboratorio di Sociologia Visuale in cui si proiettano documentari, per la maggior parte provenienti dal Messico, con dibattito a seguire.
Il tema centrale della prima giornata è stato quello della donna, con due film dedicatele.
Il primo documentario proiettato è stato Bajo Juarez (Alejandra Sáchez, José Antonio Cordero, 2006), il quale, attraverso diverse interviste ai diretti interessati e ad alcuni analisti, affronta un caso molto dibattuto dall’opinione pubblica messicana: il femminicidio.
L’opera, divisa in diversi capitoli, intraprende un percorso piuttosto interessante: se all’inizio il discorso è concentrato più sul dolore dei famigliari, quindi soprattutto sull’aspetto privato della vicenda (anche se da subito non mancano le opinioni di giornalisti e criminologi), andando avanti si focalizza sempre di più sul lato politico-economico del caso. Infatti, viene ipotizzato che a questi omicidi siano collegati dei dirigenti di alcune aziende molto potenti nel territorio, le quali hanno finanziato la campagna elettorale del presidente Vincente Fox, che in cambio accusa e fa incarcerare persone probabilmente innocenti. Solo nelle scene finali del film si ritorna ai risvolti più intimistici.
Quindi, Bajo Juarez parte da quello che apparentemente è solo un caso di cronaca nera per poi analizzare e denunciare le istituzioni politiche, economiche, giudiziarie e carcerarie del paese, si veda ad esempio la scena in cui un detenuto mostra alla cinepresa i segni delle torture subite all’arresto.
Importante anche il ruolo giocato dai media, basti pensare alla presenza assidua della televisione e alla sequenza in cui per attrarre l’attenzione sul caso interviene anche una star hollywoodiana come Jane Fonda, che però rimprovera i mezzi di comunicazione di dedicarsi alla vicenda solo se è presente una personalità nota e amata dal grande pubblico.
Nonostante le riprese siano tecnicamente poco curate (alcune di esse risultano un poco bruciate), il documentario in questione è interessante anche dal punto di vista cinematografico: lo stile è molto sobrio e calibrato, il quale non strizza mai l’occhio allo spettatore, non gli concede praticamente nulla, se non in alcune scene in cui vengono utilizzate, in maniera peraltro molto efficace, due canzoni messicane che in tale contesto affrontano indirettamente la vicenda.
Di tutt’altra linea risulta invece il secondo film proiettato, Mequilápolis (Vicky Funari, Sergio de la Torre, 2005), documentario su un gruppo di lavoratrici in alcune fabbriche d’imprese multinazionali che denunciano lo sfruttamento lavorativo e i danni ambientali causati da tali aziende.
Al contrario dell’opera precedente, tale documentario ha delle riprese molto classiche, ben fatte, senza bruciature o altri difetti, e anche lo stile adottato è completamente diverso.
Se Bajo Jaurez risulta un film sobrio, non si può dire altrettanto di Mequilápolis, che al contrario si perde in scenette e montaggini, concordati e ideati con le protagoniste, che sembrano fatti proprio per stupire il pubblico, ma che in realtà risultano più vicini all’estetica di uno spot televisivo di progresso, che a delle sequenze cinematografiche.
Dell’opera in questione si possono elogiare quindi soprattutto le buone intenzioni e i contenuti, fortemente critici con il capitalismo e, specialmente, con la globalizzazione.
Anche se come scritto precedentemente la serata ha avuto come argomento portante quello della donna, in realtà entrambi i film hanno toccato altre tematiche, quali il mondo del lavoro, la globalizzazione, l’inquinamento ambientale, i mezzi di comunicazione di massa, il maltrattamento nelle carceri, insomma, si è discusso molto dell’attuale sistema politico ed economico, messicano ma non solo.
(di Juri Saitta)