Scandaloso Gibba


L'ultimo sciusciaHa realizzato l’unico film d’animazione neorealista e uno dei primi cartoon erotici del cinema italiano.
A leggere le circa duecento pagine del “diario di un uomo di grande insuccesso”, come Gibba ironicamente si autodefinisce, si può ripercorrere oltre mezzo secolo di cronaca -vissuta in presa diretta- della vita grama toccata al disegno animato italiano. A partire da un lontano settembre 1942, quando, accompagnato dal padre, il giovanetto Francesco Guido, arriva nella Capitale.
Innamorato dei “topolini”, gli è riuscito di rompere la scorza della severa famiglia ligure convincendola che l’unica strada per lui è quella del cinema disegnato. Una scelta abbastanza arrischiata, ragionando su come Cinecittà sino ad allora si è comportata verso questa attività creativa.

Più volte, infatti, era sembrato che il settore stesse finalmente per mettersi in moto, rinunciando alle iniziative estemporanee, basate sulla passione dei singoli, per iniziare un serio cammino produttivo. Come, appunto, stava accadendo altrove, soprattutto negli Stati Uniti, grazie alla somma abilità manageriale di un Disney.
Quando Francesco entra alla Macco Film, la carta d’identità lo dichiara nato ad Alassio, classe 1924. Oltre agli studi dai salesiani, non può aggiungere altra certificazione. Se non l’innata passione di scarabocchiare fogli su fogli e di caricaturare gli insegnati con pochi tratti di matita. Di qui, quel “Gibba”, nom de plume inventato pensando di poter scansare possibili reprimende.

Che la strada intrapresa non sia facile il debuttante animatore lo scopre dopo pochi mesi, mentre sta collaborando a due short con Pulcinella. Un incendio che distrugge lo studio, lo obbliga a cercarsi un nuovo lavoro. Inizia così quel costante viaggio a zig zag che per alcuni decenni costringerà Gibba a traslocare da una produzione ad un’altra. E pure da una redazione ad un’altra, ché è anche illustratore e cartoonista.
Al momento, la situazione bellica lo consiglia di interrompere l’appena iniziata attività alla Incom, a fianco del maestro Antonio Rubino, per tornarsene ad Alassio. Prova a collaborare con Domeneghini, che sta realizzando in Lombardia La rosa di Bagdad, ma il tentativo fallisce.
Si tratta di aspettare, di scansare le retate dei tedeschi. A guerra finita, Gibba ritrova Rubino, che lo vorrebbe a San Remo per il suo I sette colori, ma ritrova soprattutto i vecchi amici Giannetto Beniscelli e Mario Fazio, futuro padre di Fabio. Assieme cercano di inventarsi qualcosa, c’è di mezzo anche un vagone di cestini di fichi secchi, fatto arrivare dalla Calabria, che dovrebbe arricchirli…
L’idea fortunata li fa incontrare con la pubblicità cinematografica. Un Pinco Pallino girato per la Cora e un Temporale d’estate per gli impermeabili Brown sono la premessa per la Alpha Circus, con sede nell’ex tea-room della locale colonia inglese. L’avventura produttiva si chiama L’ultimo sciuscià.

E’ il 1947, la stagione del neorealismo, di un cinema italiano che inventa un nuovo linguaggio espressivo. Gibba & C. intuiscono appieno il senso di questo radicale rinnovamento e lo attestano con la forza poetica delle immagini.
Eppure, dovranno passare parecchie stagioni prima che i meriti vengano riconosciuti e premiati (succederà a Praga in occasione di un congresso mondiale sull’animazione). In quei giorni gli autori debbono invece pietire perché qualcuno si interessi al loro corto e, quando succede, il fatto è a tutto svantaggio.
Conclusa l’esperienza, Gibba torna a Roma e riprende il giro delle sette chiese, per dirla alla capitolina. Firma uno short per la rivista di Rascel Attanasio cavallo vanesio, un altro per Xavier Cugat, intanto collabora al “Corrierino” con tavole e illustrazioni, al “Travaso” con vignette umoristiche, con racconti a “Paese Sera”.
Dopo i titoli di testa per Tipi da spiaggia di Mattoli, nel 1960 avvia una frustrante collaborazione, durata sei anni, con quella che chiama la “Ghirlanda” (leggi “Corona Cinematografica”). Si dedica a più tipi di produzioni: corti animati, film educativi “dal vero”, piloti per serie tv americane (Krazy Kat).

Nonostante alcuni progetti mai giunti in porto, lavori interrotti a metà, insospettabili voltafaccia, promesse non mantenute, Gibba insiste testardo. Sa che questo è il “suo” ambiente e non intende abbandonarlo.
Dopo un lavoro con Pino Zac (alcuni filmini per Gatto Filippo), finisce in Romania per dirigere Robinson Crusoe (ci tornerà per una versione di Kim) ed è quindi negli studi Rai per una esperienza nuova, i “fumetti in tv” (firma i cinque episodi della “Banda aerea” con l’Uomo Mascherato).
Nel complesso curriculum di Gibba c’è spazio anche per un cambio di rotta sostanziale. Gli offrono infatti di svoltare nella trasgressione, di compiere un’azzardata incursione nei territori dell’eros più scoperto e lui accetta la sfida. In fondo, ha ormai una lunga consuetudine con il rischio e l’impronta tra il goliardico e lo sfacciato che regge la vicenda di Il nano e la strega non lo preoccupa oltre misura.
Ma ancora una volta Gibba deve fare i conti con le furbizie cialtrone di chi pensa solamente a realizzare un vantaggioso affare privato. Di tutt’altro tipo, per restare in argomento, il rapporto con Gabriele Lavia, che lo invita a realizzare alcune sequenze animate per il suo Scandalosa Gilda.

Immagini hard, senza dubbio, che tuttavia possono riportare ai giorni del “Travaso”, quando appunto Gibba lavorava a stretto gomito con Kremos (e le sue erotiche donnine), sodale suo compagno di avventura lungo la storia del disegno animato italiano.

(di Claudio Bertieri)

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Postato in Liguria d'essai, Numero 91, Varie.

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