Non stupisce che Sara Fgaier sia innamorata del mare: è nata alla Spezia, cresciuta a Riomaggiore e deve il suo particolare cognome a un padre tunisino. Destino ha voluto che il suo lavoro di montatrice la portasse a Genova, per realizzare La bocca del lupo insieme a Pietro Marcello.
Sara, prima di questa esperienza conoscevi la realtà dei film amatoriali?
No, ed è stata una scoperta emozionante. Alcuni cineamatori in particolare, come Belfiore o Cassanello, hanno girato film molto personali, con risultati notevoli. È un peccato che siano in pochi a conoscerli.
Come è nata l’idea di utilizzare materiale di repertorio?
Ci è venuta per caso, quando abbiamo trovato un dvd dal titolo Genova in bianco e nero su una bancarella in piazza Banchi. Così è cominciato il lavoro di ricerca: da una parte ho visionato i filmati degli archivi, dall’altra ho conosciuto personalmente i cineamatori, casa per casa.
Quale metodo hai seguito?
Inizialmente non andavo alla ricerca di scene precise. Usavo come traccia i blocchi di montaggio che avevamo stabilito, come quello sulla Genova dell’acciaio, ma sceglievo soprattutto brevi frammenti che mi colpivano. Soltanto quando il film era quasi ultimato ho cercato qualche immagine in particolare: ad esempio il filmato con Giuliano Montaldo intento a osservare gli ex voto alla Madonna della Guardia. Per il resto sono state piuttosto le scoperte negli archivi a influenzare la storia del film.
Quindi le immagini da te trovate hanno avuto una ricaduta sulla narrazione stessa della storia di Enzo e Mary?
Certo, hanno giocato un ruolo importantissimo. La narrazione nasce proprio dall’incontro delle vicende che raccoglievamo nel centro storico con le immagini di repertorio. Per esempio tutto il racconto della sparatoria non avrebbe avuto senso senza le riprese amatoriali, cui abbiamo sovrapposto la voce fuori campo di Enzo.
Le immagini di repertorio appaiono molto nitide, non stonano con la preziosa fotografia del film. Ne avete migliorato la qualità in qualche modo?
Solo in un caso è stato necessario intervenire trattando i colori della ripresa amatoriale. Per il resto abbiamo semplicemente riversato le immagini in digitale. In gran parte si tratta di materiale ben conservato. La mia speranza è che in futuro si organizzi una mostra su questi cineamatori, perché la bellezza dei loro film sia conosciuta come merita.