Sembra L’uscita dalle fabbriche Lumière, uno dei celebri filmati dei fratelli che inventarono il cinema, e invece si tratta dell’uscita delle sigaraie dalla manifattura di Sestri Ponente, ripresa ai primi del ’900 e ora visibile tra gli extra del libro-dvd, edito da Feltrinelli, del film La bocca del lupo di Pietro Marcello. Quella di Marcello è un’opera complessa, lirica nel raccontare la vita e i sogni di due emarginati nel centro storico di Genova (l’ex galeotto Enzo e il transessuale Mary), e nostalgica nel rievocare, tramite immagini di repertorio, la Genova del ’900, una città in continua trasformazione. I due piani della narrazione, sovrapponendosi di continuo, si caricano reciprocamente di suggestioni e significati aggiunti, grazie all’abilità della montatrice Sara Fgaier, a cui si deve un vasto lavoro di ricerca negli archivi dei cineamatori genovesi, che per tutto il secolo scorso hanno filmato e raccontato la nostra città.
Sono immagini che restituiscono il sapore di un’epoca perduta, anzi di diverse epoche e stagioni del passato. Si va dai tuffi dal trampolino a Pegli, ripresi da Santo D’Asso negli anni ’20, alle incursioni in quartieri ormai scomparsi, come via Madre di Dio, immortalata da Bruno Belfiore nel film Requiem per un quartiere, o Piccapietra (Piccapria di Rinaldo Avegno), dall’attività del porto (Scalo a Genova di Romolo Marcellini) all’apertura delle acciaierie (Acciaio sul mare di Valentino Orsini), dalla Genova del secondo dopoguerra, ritratta da Giovanni Paolucci in Quartiere genovese, a quella degli anni ’60, del boom economico e della spensieratezza (Domenica libera uscita di Renato Mazzoli).
Chi desidera farsi un’idea di questo ricco patrimonio deve solo accendere il computer e connettersi a internet: sul canale web del Comune, The Genoa Municipality Channel, o sul più noto YouTube, sono visibili alcuni film della Fondazione Ansaldo, il cui archivio è diventato una fonte preziosa per il lavoro della Fgaier. Tra questi il citato Quartiere genovese, che tratteggia una Genova aerea (le peripezie dei gatti sui tetti, i panni minacciati dalla burrasca), affidando il commento fuori campo alla voce di Lauro Gazzolo. Oppure Genova ritratto di una città, un documentario del 1964 di Giuliano Montaldo, regista che andava affermandosi proprio in quegli anni, e che in questo film omaggia la sua città natale illustrandone le antiche ricchezze (il porto, i palazzi, il cimitero di Staglieno), e vantandone le recenti conquiste (il Palazzo dello Sport, la sopraelevata vista come “una bella nave”). Accenti entusiastici caratterizzano anche il commento di Sopraelevata, una strada d’acciaio di Valentino Orsini, un cineamatore particolarmente interessato a documentare la città industriale.
Oltre all’archivio della Fondazione Ansaldo, a Genova c’è un altro grande serbatoio di film amatoriali. Si tratta di un archivio vivente, per così dire, costituito dai cineamatori che dal 1964 si riuniscono nel Circolo cineamatoriale genovese (oggi Cineclub Fotovideo Genova), per proiettare i propri film, confrontarsi, discutere. Ci sono i documentaristi puri, come i coniugi Mari e Silvano Marcenaro, Mario Botto, Francesco Di Gioia, Bruno Belfiore. Ma ci sono anche coloro che girano indifferentemente documentari e film a soggetto (Marco Paolo Pavese, Alberto Schiaffino, Mario Ciampolini), o si dedicano esclusivamente al cinema di finzione, come Ugo Azzarelli, specializzato in film comici dai risvolti grotteschi, o Franco Ligalupi. I nomi sono tanti, ed è impossibile farli tutti. La maggior parte di questi cineamatori hanno cominciato a lavorare con la cinepresa, per passare poi, negli anni ’90, alla telecamera. Ora devono fare i conti con il digitale, formato in cui lavorano Carlo Castelli e Ugo Nuzzo, gli acquisti più recenti del gruppo. Qualcuno non è più tra noi, come Luigi Cassanello, autore di Protagonista senza storia (1970), un film sulla vita di un barbone che si era costruito una baracca a Campi. Molti altri, nonostante abbiano superato l’ottantina, continuano a realizzare film.
Uno dei cineamatori più prolifici è l’attuale presidente del cineclub, Mario Ciampolini, più volte vincitore del Fotogramma d’oro, concorso indetto ogni anno dalla Federazione Nazionale Cinevideoautori, cui partecipano opere amatoriali provenienti da tutta Europa e in qualche caso da paesi extraeuropei. Negli anni ’70, quando lavorava come ingegnere industriale, Ciampolini gira i suoi primi cortometraggi a soggetto, in collaborazione con Giorgio Moneta, cardiologo e, all’occorrenza, soggettista e attore. La coppia raggiunge risultati notevoli con film come Camera oscura (1971), ispirato a Blow up di Antonioni, o Saigon (1980), incentrato sul difficile rapporto tra un padre e il figlio malato di mente, all’indomani della chiusura dei manicomi voluta dalla legge Basaglia. Dai temi di scottante attualità Ciampolini sa passare ai toni leggeri e scanzonati di Non c’è problema (1999, diretto con Ligalupi) o Assassinio sul Casella Express (2004), affrontando anche drammi in costume come il medievale Più forte dell’odio (2007), o il western girato a Borzonasca Lupo grigio (2009). Gli attori sono improvvisati o dilettanti, il trucco artigianale, il budget sempre contenuto. Ma c’è una gran voglia di divertire e divertirsi. Chi desideri averne un saggio può, anche in questo caso, ricorrere a internet, visitando il sito del cineclub, in cui troverà frammenti dei film (http://www.cineclubgenova.net/nostri_film/nostri_lavori/nostri_lavori1.htm). E chissà che qualcuno non venga contagiato dalla passione per il cinema amatoriale…