Dopo aver interpretato il ruolo di Edith Piaf, sta conquistando il cinema americano. E s’impegna pure con Greenpeace.
Rob Marshall, che l’ha voluta per il ruolo della moglie di Guido/Daniel Day Lewis nel musical Nine (2009), l’ha definita «instancabile,
senza paura. Daniel è rimasto folgorato, come me. Come tutti», mentre Michael Mann, che l’ha scelta per interpretare Billie Frechette, l’amante di Dillinger/Johnny Depp in Nemico pubblico (2009), la descrive come un’attrice «capace di trasformarsi in qualsiasi cosa.
Da un attore si può ottenere una grande interpretazione, ma se è senza cuore risulta non autentica. Come per Johnny, l’autenticità artistica di Marion è totale».
In effetti, basta guardare alle interpretazioni di Marion Cotillard negli ultimi anni, prima fra tutte quella di Edith Piaf in La vie en rose di Olivier Dahan (2007), per rendersi conto che le lusinghiere parole dei due registi non sono eccessive. Nata a Parigi nel 1975, l’attrice inizia la sua carriera cinematografica negli anni ’90, con L’histoire du garçon qui voulait qu’on l’embrasse di Philippe Harel e Il pianeta verde di Coline Serreau. Nel 1998 si presenta al casting per Taxxi, di Gérard Pirès, piuttosto sfiduciata per l’andamento della sua carriera, ma è la prima, piccola, svolta: Luc Besson, produttore e sceneggiatore della pellicola, la sceglie per il ruolo di Lily, e grazie al grande successo di pubblico
in patria e ai due sequel, il suo bel volto comincia a diventare conosciuto.
Qualche anno dopo, seppure con una piccola parte (Josephine, la moglie incinta di Billy Crudup), l’esordio nel cinema americano, diretta da un regista cult in quello che è forse il suo capolavoro, Big fish di Tim Burton (2003); l’anno successivo è la prostituta vendicatrice di Una lunga domenica di passioni di Jean-Pierre Jeunet, ruolo che le vale il premio César come migliore attrice non protagonista. Nel 2005 è nel cast di Mary di Abel Ferrara e nel 2006 comincia a farsi strada a Hollywood, interpretando la locandiera che fa innamorare Russel Crowe in
Un’ottima annata di Ridley Scott, inno ai piaceri della vita, e al vino in particolare.
Il 2007 è l’anno della consacrazione: Dahan la sceglie per interpretare Edith Piaf nel biopic melò La vie en rose, e la Cotillard offre un ritratto intenso, struggente ma mai sopra le righe della cantante francese, immedesimandosi perfettamente in un personaggio che passa dalla giovinezza alla maturità sino allo sfacelo fisico (a soli 47 anni). L’identificazione dell’attrice nelle fattezze e nel pathos di Edith Gassion, ribattezzata Piaf (“passerotto” in argot parigino), si ispira ai discussi canoni dell’Actor’s Studio, ma questa volta la tecnica del “più vero del
vero” riesce a emozionare e non è il solito cliché iperrealistico: volto segnato (grazie a sei ore al giorno di trucco), un fisico quasi rachitico, il carattere impossibile ma disarmante, alcolista e morfinomane, Cotillard/Piaf regge il peso della gloria e della sventura, la durata un po’ eccessiva del film e il finale strappalacrime (ma, bisogna ammetterlo, indimenticabile) sulle note di Je ne regrette rien. La nostra Marion conquista premi su premi, tra cui l’Oscar, seconda attrice francese (dopo la grande Simone Signoret) a vincere un premio Oscar come miglior attrice protagonista, e seconda attrice in assoluto (dopo Sophia Loren) a vincerlo per un film non in lingua inglese.
Dopo il successo de La vie en rose si susseguono uno dopo l’altro ruoli da protagonista in grandi produzioni hollywoodiane: Michael Mann la vuole al fianco di Johnny Depp nel suo Nemico pubblico e Rob Marshall la fa cantare e ballare nel suo (troppo massacrato dalla critica) adattamento cinematografico del musical Nine, a sua volta ispirato a 8 1/2 di Federico Fellini. Il 24 settembre sarà sugli schermi
con il nuovo thriller di Christopher Nolan, Inception, nella parte della bellissima moglie, forse perduta, di Leonardo DiCaprio, “ladro” che entra nei sogni dei suoi nemici per rubarne idee e segreti; poi la vedremo in Second coming con Mark Ruffalo e in Les petits mouchoirs dell’attore e regista suo compagno, Guillaume Canet. Infine, sarà protagonista delle ultime fatiche di Woody Allen (Midnight in Paris),
Steven Soderbergh (Contagion) e David Cronenberg (Cosmopolis).
Una straordinaria carriera in rapida ascesa, una vita privata serena e senza scandali, l’impegno ecologista (la Cotillard è testimonial di Greenpeace). E, per rimanere se stessa, niente Hollywood: come da lei stessa affermato, infatti, «l’America è un paese meraviglioso per le sue differenze, per l’incredibile incrocio di culture. E mi piace l’impressione di essere tutti un po’ vicini (…), ma non voglio americanizzarmi
». Questa è la ricetta della “vie en rose” di Marion Cotillard.
(di Francesca Savino)