Nel prestigioso 50 ans de cinéma américain gli autorevoli Bertrand Tavernier e Jean-Pierre Coursodon dedicano a Woody Allen ventiquattro colonne formato enciclopedia (contro le otto riservate a John Ford e le sette a Hitchcock, ad esempio) nelle quali non esitano a paragonare il suo tragitto artistico a quello di Moliére e a definirlo uno degli autori più originali del nuovo cinema americano. Concludendo: “Che sarebbe il cinema americano e la vita del cinéphile se Allen non esistesse? Bisognerebbe certamente inventarlo”. Un po’ enfatico, senza dubbio. E forse anche troppo generoso nell’appassionata difesa di tutta la sua filmografia vista come quella del “primo comico cinematografico che non solo possiede una cultura molto vasta, ma che ne sa fare la materia stessa della sua comicità”. Sono comunque molti, soprattutto in Europa, coloro che non esiterebbero a sottoscrivere questi giudizi su Woody Allen: un regista-attore che nella sua opera (a volte anche all’interno dei singoli film) mescola continuamente i toni e i registri stilistico-narrativi – dalla farsa al dramma, dalla struttura di “genere” all’esibizione autoriale – ora rendendo omaggio a Ingmar Bergman o a Federico Fellini e ora citando con ostentata leggerezza Luigi Pirandello o la tragedia greca, ora attingendo al cabaret o alla memoria cinematografica: il tutto filtrato ovviamente attraverso le sue mai dimenticare radici ebraiche. Woody Allen il “genio”, le cui battute lapidarie assumono valenze proverbiali e nella cui visione del mondo molti spettatori hanno amato e amano ancora oggi rispecchiarsi. Woody Allen l’”intellettuale” che da New York, da Venezia o da Londra lotta sdegnosamente contro i vincoli e i vincenti modelli narrativi del cinema hollywoodiano. Ma chi è e come si può valutare, fuor della retorica generazionale, il regista Woody Allen? Quale giudizio si può dare sul suo cinema senza cadere nella trappola di parlare d’altro, come sovente accade anche a lui che per un motto di spirito o per un’eccentrica trovata narrativa è molte volte disposto a disunire stilistamente un film o a negare coerenza a un personaggio?
La prima cosa da mettere in evidenza credo sia la straordinaria (questa sì) coerenza con cui Woody Allen continua a fare del cinema, dimostrando comunque di essere capace di mantenere il contatto con la realtà: sia questa quella del momento in cui i suoi film sono realizzati, o quella della propria evoluzione esistenziale, finanche biologica. Un cinema ostentamente “suo” e orgogliosamente coniugato in prima persona, come ben si addice a chi dall’America guarda con ammirazione soprattutto al cinema europeo e non esita a dichiarare – parole sue – che “gli artisti che per me sono sopravvalutati sono soprattutto quei registi americani come John Ford, Raoul Walsh o Joseph Mankiewicz. Uomini di talento che hanno fatto dei film divertenti ma che non sono certo dei maestri. Non sono né dei Bunuel né dei Renoir”.
Ma procediamo con ordine. L’esordio alla regia di Woody Allen avviene nel segno del cabaret o del trasferimento sul grande schermo di modelli di rappresentazione già sperimentati a teatro o alla televisione: sketches brevi, personaggi che guardano in macchina e chiamano in causa lo spettatore, uso assolutamente elementare delle luci e dei movimenti della cinepresa, disinteresse per tutto ciò che riguarda la struttura narrativa. E’ questa dimensione elementare dei suoi primi film, comunque, che gli accattiva la simpatia della critica europea. Sono gli anni Settanta, e la dimensione anti-classica, dichiaratamente velata di intellettualismo ebraico del suo cinema, fanno di Woody Allen una specie di “maître à penser” da salotto “radical chic” internazionale: un po’ come quasi contemporaneamente, in modo curiosamente parallelo, anche se solo a livello nazionale, stava accadendo a Nanni Moretti.
Da Prendi i soldi e scappa a Il dittatore dello stato libero di Bananas, da Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso…a Il dormigliore, da Amore e guerra sino al grande successo di Io e Annie, i suoi film sono divertenti, frizzanti, sovente anche originali; ma anche linguisticamante “poveri”, e lo stesso Woody non sembra esserne completamente soddisfatto. Vorrebbe che fossero anche profondi come quelli di Bergman, personali come quelli di Fellini, intelligenti come quelli di Groucho Marx. Ed ecco, allora, le atmosfere autunnali e le introspezioni psicologiche di Interiors o di September o di Hannah e le sue sorelle, le declinazioni in bianco e nero e rigorosamente in prima persona di Manhattan, Sturdust Memories o Broadway Danny Rose, in mezzo ai quali sta il suo film forse più sinceramente autobiografico e ideologico: Zelig, ovvero Woody Allen il trasformista, il regista che ha tanti modelli nei quali specchiarsi, ma che stenta a far riflettere dallo schermo una precisa identità. Quell’identità della quale il regista va ora alla ricerca (è anche il tempo in cui la “fragile” Mia Farrow prende il posto dell’”intellettuale e aggressiva” Diane Keaton) – a volte rinunciando anche alla propria presenza attoriale – nei cosidetti film della nostalgia (La rosa purpurea del Cairo, Radio Days, Ombre e nebbia) o dichiaratamente psicanalitici (Un’altra donna, Edipo Relitto, Crimini e misfatti, Alice, Mariti e mogli), gli ultimi dei quali declinati intorno al tema della coppia. E’ in questi film che Woody Allen torna a interrogarsi esplicitamente sul cinema e sul suo linguaggio.
I risultati sono discontinui e concorrono ad alienargli le simpatie di molti “fans” della prima ora, ma gli aprono anche la via a una serie di opere dalla struttura narrativa più complessa e meditata, sovente anche sensibile ai modelli dei “genere” (Misterioso omicidio a Manhattan, Pallottole su Broadway, La dea dell’amore e così via sino a Match Point o all’ultimo Scoop). Film sempre molto personali e a loro modo inquieti. Alcuni riusciti e altri – forse i più – alquanto pasticciati sul piano stilistico e narrativo. Tutti, comunque, mai riconciliati con le mode del momento e – pur per molti cinéphiles venati di troppo intellettualismo letterario – firmati sempre in prima persona da un regista – per usare in modo rovesciato i suoi stessi parametri di giudizio – sicuramente sopravvalutato, non un maestro come Ford o Walsh, ma d’indubbia personalità culturale e capace di consegnare al grande schermo, al ritmo di quasi un film all’anno, opere in cui il talento e il divertimento si mescolano continuamente con il loro opposto.
(di Aldo Viganò)
Chi è
Allen Stewart Konigsberg nasce a Brooklyn il 1° dicembre 1935, primogenito di una famiglia di modeste condizioni sociali, discendente da ebrei europei. Studente senza passione, preferisce scrivere gag e barzellette per i giornali umoristici alla lettura dei libri di scuola. A diciassette anni assume lo pseudonimo di Woody Allen, e come tale viene assunto dalla NBC diventandone l’autore di punta. Nel 1954, sposa la sedicenne Harlene Rosen e con lei si trasferisce a vivere a Manhattan, ma il matrimonio entra ben presto in crisi e Woody inizia ad andare dallo psicanalista. L’incontro con Jack Rollins e Charles H. Joffe, produttori di tutti i suoi film, avviene nel 1958:sono i suoi agenti per gli spettacoli di cabaret che ottengono grande successo in tutti gli Stati Uniti. La sua attività cinematografica inizia nel 1964 con la sceneggiatura di Ciao, Pussycat! per la regia di Clive Donner. Nel 1966 si risposa con l’attrice Louise Lasser, dalla quale divorzia tre anni dopo: cioè, nell’anno del suo debutto nella regia cinematografica con Prendi i soldi e scappa, sceneggiato con l’amico di scuola Mickey Rose e sul set del quale conosce Diane Keaton. Continua intanto la sua attività teatrale nella duplice veste di autore e di attore, mentre quando può suona il clarinetto in un complesso jazz. Il successo, quello vero, arriva con i quattro premi Oscar di Io e Annie. Nel 1980,conosce Mia Farrow e rompe il sodalizio privato e artistico con Diane Keaton. Il matrimonio con la Farrow finisce nello scandalo, quando nel 1991 lei scopre che Woody ha una relazione con la sua figlia adottiva Soon Yi. Woody Allen firma la sceneggiatura di tutti i suoi film, è autore di numerosi testi teatrali rappresentati in tutto il mondo e ha pubblicato un numero considerevole di libri che raccolgono aneddoti, battute e suoi ricordi autobiografici.
Woody secondo Allen
Ebraismo
Quando a diciott’anni ho iniziato a scrivere delle gag e delle barzellette per le trasmissioni radiofoniche, la mia comicità non si avvicinava certo a quella ebraica. A quell’epoca inserivo una pagina bianca nella macchina da scrivere e inventavo cinque gag per pagina. Non ho mai fatto fatica a trovarne, ero ancora uno studente e guadagnavo cento dollari alla settimana. Vi è sicuramente una certa aggressività negli ebrei e uno humour di autodifesa. Un ebreo come Chaplin è sempre più divertente di un irlandese come Keaton; quest’ultimo è un autore più interessante, ma Chaplin non ha che da svoltare l’angolo di una via e vi fa immediatamente ridere. Ammetto di essere cresciuto in un quartiere completamente israelita, ma non sono mai stato vittima di alcuna forma di discriminazione. Nessuno mi ha mai picchiato a scuola perché ero ebreo e non mi è stato mai rifiutato l’ingresso in nessun locale pubblico, contrariamente a Groucho Marx di cui si conosce la famosa frase: «I miei figli sono per la metà ebrei: possono entrare in piscina fino alle ginocchia?». Su cento delle mie battute forse una soltanto è su questo tema, eppure il pubblico non ricorda che quelle ed è convinto che io faccia solo battute jiddish. Così come posso dire che nessuno dei miei film sia veramente una commedia jiddish. Nei miei film parlo solo di quello che conosco meglio.
Scrivere
Il mio vero talento è lo scrivere. A scuola ero sempre quello che scriveva dei testi e poi li leggeva ad alta voce a tutta la classe. Adoro scrivere, ne sono sempre stato affascinato, è una vera e propria passione quella che ho per le parole. Preferisco questa attività a tutte le altre perché è meditativa, riservata, ci si prende il tempo che si vuole e si lavora da soli. Fare un film è un’attività rumorosa e collettiva. Ci sono almeno cinquanta persone attorno e si deve decidere in fretta, perché fare aspettare costa molto. Quando non si e contenti di quello che si è scritto, lo si può buttar via, ma quando fai un film che non ami, devi mostrarlo lo stesso poiché ci sono dei terzi che hanno tirato fuori milioni dalle proprie tasche. Quando si scrive non si deve sottostare alla verifica della realtà. Invece, nulla è mai all’altezza di ciò che hai concepito, quando filmi ciò che hai scritto.
Arte e vita
Spesso il pubblico identifica i personaggi che interpreto con me stesso e ciò mi ha creato non pochi problemi: vorrei proprio che la gente non lo facesse più. Ci sono dei piccoli punti di contatto ma io non sono la stessa persona sullo schermo e nella vita. Anche le battute che faccio nei miei film non devono mai essere prese così seriamente, sono solo degli scherzi. Sicuramente sono interessanti da un punto di vista freudiano, in quanto possono rivelare qualcosa di inconscio, ma dare troppo peso alle battute, come all’arte in generale, è sempre stato un errore. Non ho mai pensato, infatti, che l’arte possa cambiare le cose. Acquista un senso solo quando è intrattenimento, ma non può certo cambiare la gente o i paesi o i sistemi politici. Se qualcuno è cattivo e crudele con te, puoi andare a casa e scrivere una bella satira contro di lui, ma la cosa finisce lì. Se invece lo citi in giudizio o gli dai un pugno sul naso, allora sì che hai realizzato qualcosa!
Libri e film
Durante la mia infanzia non ho mai letto tanti libri, ma andavo spesso al cinema e i film che ho visto costituiscono tutto il mio bagaglio culturale, la mia ispirazione, i miei referenti. Penso sempre in relazione al cinema, cosi come chi scrive un romanzo cita altri scrittori come punto di riferimento. Ho visto tanti film e molti ne ho amati, tanto che la mia passione per il cinema si esprime in ogni momento, quasi inconsciamente, automaticamente. Guardo soprattutto i film europei che arrivano in America. Sono cresciuto proprio guardando i film dei migliori registi europei.
Groucho e io
L’autore comico che amo di più è Groucho Marx: era veramente un artista virtuoso, graffiante, cinico, irriverente, una vera e propria istituzione americana come il baseball, un autentico maestro. All’epoca di Prendi i soldi e scappa pensavo che i film comici avrebbero dovuto essere spontanei, sconnessi, un po’ confusi, ma energici come i film dei fratelli Marx. Ora bado molto a costruire le sequenze, faccio delle inquadrature utilizzando il dolly, curo nei minimi particolari il montaggio per mesi. Ho ormai acquisito anche una certa dose di esperienza che mi permette di fare alcune cose che non avrei mai avuto il coraggio di fare prima. Negli ultimi anni mi piace molto alternare film comici a film seri. Rifiuto di pianificare la mia carriera, e voglio più che mai realizzare film secondo la mia fantasia, senza ascoltare i consigli o le pretese degli altri su quello che deve essere il vero Woody Allen.
Le dichiarazioni di Woody Allen sono tratte da interviste rilasciate nel corso deglianni, e pubblicate su diverse riviste iternazionali.
Filmografia
Regia
1969: Prendi i soldi e scappa (Take the Money and Run)
1971: Il dittatore dello stato libero di Bananas (Bananas)
1972: Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete osato mai chiedere (Everything You Always Wanted to Know about Sex but Were Afraid to Ask)
1973: Il dormigliore (Sleeper)
1975: Amore e guerra (Love and Death)
1977: Io e Annie (Annie Hall)
1978: Interiors (idem)
1979: Manhattan (idem)
1980: Stardust Memories (idem)
1982: Una commedia sexy in una notte di mezza estate (A Midsummer’s Night’s Sex Comedy)
1983: Zelig (idem)
1984: Broadway Danny Rose (idem)
1985: La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo)
1986: Hannah e le sue sorelle (Hannah and Her Sisters)
1987: Radio Days (idem) – September (idem)
1988: Un’altra donna (Another Woman)
1989: Edipo Relitto (Oedipus Wreck – episodio di New York Stories) – Crimini e misfatti (Crimes and Misdemeanors)
1990: Alice (idem)
1992: Ombre e nebbia (Shadows and Fog) – Mariti e mogli (Husbands and Wives)
1993: Misterioso omicidio a Manhattan (Manhattan Murder Mystery)
1994: Pallottole su Broadway (Bullets over Broadway)
1995: La dea dell’amore (Mighty Aphrodite)
1996: Tutti dicono I Love You (Everyone Says I Love You)
1997: Harry a pezzi (Deconstructing Harry)
1998: Celebrity (idem)
1999: Accordi e disaccordi (Sweet and Low down)
2000: Criminali da strapazzo (Small Time Crooks)
2001: La maledizione dello scorpione di giada (The Curse of the Jade Scorpion)
2002: Hollywood Ending (idem)
2003: Anithing Else (idem)
2004: Melinda e Melinda (Melinda and Melinda)
2005: Match Point (idem)
2006: Scoop (idem).