Paolo Virzì lascia le nevrosi e la solitudine esistenziale del “call center” (Tutta la vita davanti) e fa ritorno alla sua Livorno – la detestata e amata Livorno, già protagonista di La bella vita e di Ovosodo – per fondere, in un film appassionato e attraversato da un autentico amore per il cinema e per gli esseri umani, le due componenti narrative di quelle precedenti opere che si alimentavano evidentemente di ricordi autobiografici: la storia di una donna che attraversa l’esistenza trascinata da un’autentica voglia di vivere e quella di un bambino che cresce in rapporto al mondo che lo circonda, portandone inevitabilmente in sé i segni e le ferite delle esperienze fatte e del tempo che passa.
Anna e Bruno sono madre e figlio: intorno a loro ci sono una figlia-sorella (Valeria); un marito geloso e manesco, ma sempre amato; una sorella-zia piena di rancori; un vicino di casa silenziosamente innamorato e una fauna di comprimari che nel corso di quasi quarant’anni (la storia inizia nel 1971: anno sottolineato dalla presenza di Dino Risi – affidato al cammeo del figlio Marco – che, dopo Il sorpasso, torna sul litorale toscano per girarvi alcune scene di La moglie del prete) vediamo crescere, vivere, gioire e piangere intorno a quel microcosmo rappresentato da una famiglia in cui i bambini comunque diventano adulti (Valerio Mastrandrea e Claudia Pandolfi) e la madre può trascorrere con armoniosa continuità dalla sensuale inconsapevolezza di Micaela Ramazzotti alla malattia terminale di un’affascinante Stefania Sandrelli, la quale, a differenza di quanto le accadeva in Io la conoscevo bene (film sicuramente ben presente sia alla sua interpretazione sia allo sguardo del regista sul personaggio), viaggia qui verso una morte serena, circondata dall’affetto dei suoi cari.
Storia di una donna vera proprio per i suoi tanti difetti e di una famiglia capace non solo di essere se stessa,ma anche metafora di una condizione umana che si allarga a dimensioni nazionali, La prima cosa bella conferma Paolo Virzì quale il vero erede della commedia all’italiana, anche perché egli, pur nelle numerose citazioni che punteggiano il suo film, non vuole mai esserne un imitatore, ma piuttosto tende a ritrovarne con l’occhio della cinepresa tutto il contraddittorio vitalismo: il realismo che si struttura in rapporti fantastici, l’amore per i personaggi che non esime dal prenderne criticamente le distanze, le vicende individuali che diventano di continuo “maschere” di condizioni universali, la straordinaria capacità di tratteggiare in poche inquadrature personaggi, situazioni, spazi esistenziali, trascorrendo liberamente dall’analisi psicologica alla comicità, dal melodramma alla farsa; ma trovando sempre il modo di far avanzare il film sul crinale che separa questi opposti, che è poi la via lungo la quale la vita va avanti.
Solo un poco appesantita all’inizio, sul piano strutturale, dall’eccessivo ricorso agli intrecci spazio-temporali, La prima cosa bella è una commedia che sa essere insieme piccola e grande, accompagnata come è da una leggerezza di tocco fondamentalmente ignota al contemporaneo cinema italiano e dalla consueta grande capacità di Virzì a dirigere tutti gli attori, siano essi adulti o bambini.
La prima cosa bella
(Italia, 2010)
Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura: Francesco Bruni, Francesco Piccolo, Paolo Virzì
Fotografia: Nicola Pecorini – Musica: Carlo Virzì
Scenografia: Tonino Zera
Costumi: Gabriella Pascucci
Montaggio: Simone Manetti
Interpreti: Micaela Ramazzotti (Anna, ieri), Stefania Sandrelli (Anna, oggi), Valerio Mastrandrea (Bruno), Claudia Pandolfi (Valeria), Marco Messeri (il Nesi), Isabella Cecchi (zia Leda), Fabrizio Brandi (Giancarlo), Dario Ballerini (avvocato Cenerini), Sergio Albelli (Mario), Paolo Ruffini (Cristiano Cenerini), Isabelle Adriani (Giuliana Cenerini).
Distribuzione: Medusa Film