Percorrendo come già fece Orson Welles una parabola rovesciata, Francis Ford Coppola vuole da alcuni anni trasformarsi da “tycoon” del cinema post-hollywoodiano in “filmaker” dell’età del digitale, andando così alla ricerca di un’altra giovinezza da quella che, muovendo dalla “factory” di Roger Corman, lo aveva portato a realizzare alcune delle opere cinematografiche più significative degli ultimi decenni del Novecento. Il risultato di questo percorso, già rintracciabile nell’impianto estetico e narrativo di L’altra giovinezza, è ora esibito in Segreti di famiglia, al punto di diventarne il vero soggetto.
Nonostante certe parole di troppo pronunciate nelle interviste giornalistiche, però, Coppola non rinnega affatto il proprio passato: semplicemente tende a rovesciarne il punto di vista. Come Il Padrino, infatti, Segreti di famiglia racconta una saga dominata da una figura paterna carismatica e causa di una conflittualità esistenziale con la quale tutti devono confrontarsi; e come Rusty il selvaggio concentra la propria attenzione sullo sforzo del più giovane rampollo di questa ingombrante famiglia di capire se stesso e il mondo attraverso il mito rappresentato dal fratello maggiore, visto come figura intermedia tra le proprie terrene incertezze adolescenziali e l’Olimpo governato da un onnipotente Zeus, che qui agita la bacchetta del direttore d’orchestra.
Il progetto narrativo di Tetro (il titolo originale è contrazione del patronimico, Tetrocini, di quella famiglia di origine argentina in questione) resta cioè alto e niente affatto banale; ma qualcosa non convince proprio nel radicale cambiamento del punto di vista con cui tale progetto viene fatto vivere sullo schermo. Se nei suoi grandi film precedenti, Coppola – come fanno tutti i veri artisti – alimentava la tensione a raccontare il mondo con i propri fantasmi interiori, sortendone un grande universo tragico (nel senso classico del termine), pur coniugato sotto il segno di una personalissima rappresentazione del patetico cinematografico, in Tetro egli pone al centro del racconto proprio quei suoi fantasmi e intorno a loro fa ruotare tutto il mondo, costruendo un film inesorabilmente chiuso nel privato, venato di psicologismo e in chiara difficoltà nei confronti della prospettiva – pur sempre presente – di elevare una storia individuale a valori universali. Girato in un bianco e nero molto contrastato, rotto (come già in Rusty il selvaggio, cui direttamente si confronta) da improvvise incursioni del colore, qui dedicate soprattutto all’evocazione delle presenze femminili nella famiglia, Tetro è con tutta evidenza un film d’autore, nel quale Coppola riversa con passione se stesso, sortendone un film sicuramente molto personale, ma anche – inesorabilmente – un film piccolo nella sua grande filmografia.
Nonostante la consueta perizia nel comporre le inquadrature e nel dirigere gli attori (da Vincent Gallo a Maribel Verdù, da Brandauer al giovane Alden Ehrenreich) all’interno di uno spazio scenico che è insieme reale e fantastico, si ha infatti sovente l’impressione che Coppola – proprio come fanno quasi tutti i “filmakers” – parli più per sé che a noi spettatori, con il risultato che qualcosa di arbitrario (anche un po’ noioso) incombe sempre sul film, sui suoi personaggi e su quello che si dicono in una sceneggiatura scritta sicuramente con il cuore, ma tale certo da fare rimpiangere quelle che egli scriveva insieme agli altri per film capaci di parlare dell’universo intero, quali la saga del Padrino, Apocalypse Now o Dracula.
Segreti di famiglia
(Tetro, Usa-Argentina-Spagna-Italia, 2009)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Fotografia: Mihai Malaimare jr.
Musica: Osvaldo Golijov
Scenografia: Sebastian Orgambide
Costumi: Cecilia Monti
Montaggio: Walter Munch.
Interpreti: Vincent Gallo (Angelo/Tetro), Maribel Verdù (Miranda), Alden Ehrenreich (Bennie), Klaus Maria Brandauer (Carlo), Carmen Maura (Alone), Rodrigo De la Serna (Josè), Leticia Brédice (Josefina), Mike Amigorena (Abelardo), Sofia Castiglione (Maria Luisa), Francesca De Sapio (Amalia).
Distribuzione: Bim Distribuzione
Durata: due ore e 7 minuti