Inventata da David Wark Griffith e teorizzata da Vsevolod Pudovkin, esiste nella storia del linguaggio cinematografico una tecnica di montaggio, denominata Cross Editing o Cross Cutting, consistente nel collegamento di due scene simultanee, ma ambientate in luoghi diversi. Una tecnica che ha dato origine anche a una forma retorica della narrazione che, utilizzata in seguito da innumerevoli registi, ha raggiunto forse i suoi risultati migliori nel cinema di Fritz Lang (penso ad esempio a M – il mostro di Dusseldorf) e in quello di Francis Ford Coppola (dal finale di Il Padrino a Dracula), autori ai quali Marco Risi si è evidentemente ispirato nel mettere in scena Fortapasc: film che racconta la storia vera del giornalista “abusivo” Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il il 23 settembre 1985, all’età di soli ventisei anni.
Spinto da una passione ai limiti dell’incoscienza, il giovane Siani sembra non accorgersi di essere entrato a testa bassa nel terreno spietato del crimine, minato dalla complicità del potere politico, dalla reticenza di quello giudiziario e da una diffusa omertà sociale. Egli spia i camorristi anche nella loro vita privata, ne racconta con piglio accattivante le imprese illegali. Dapprima tollerato, è ben presto visto come un pericolo da rimuovere o come una pedina da utilizzare per interessi personali. Trasferito da Torre Annunziata a Napoli e assunto come praticante al quotidiano “Il Mattino”, Siani viene ucciso sotto casa sulla sua giardinetta Citroen Mehari verde. I colpevoli saranno processati e condannati solo dodici anni dopo. Puntando sulla recitazione fresca e funzionale di Libero De Rienzo, Marco Risi realizza – dedicandolo al padre Dino morto proprio nel periodo in cui egli si trovava a Napoli per girare il film – quella che può forse considerarsi la sua opera migliore.
Civile, ma non predicatoria; spettacolare, ma non compiaciuta. Un’opera che trova appunto nel montaggio “incrociato” la sua cifra stilistica più caratterizzante. Si avverte con chiarezza che Risi ambisce a pensare in grande e ad attingere alla classicità. Non sempre ci riesce nei risultati, ma la chiarezza dell’obiettivo che intende perseguire merita considerazione. L’obiettivo alto è evidentemente quello di mettersi sulla scia di Coppola, l’esito finale lo conduce sovente con il suo film in un territorio cinematografico che ricorda piuttosto quello attraversato dai film di Damiano Damiani. Ben venga comunque anche questo nell’attuale panorama del cinema italiano. Fortapasc è un film socialmente impegnato, ma esplicitamente lontano dai modelli televisivi. Evviva, pertanto.
Tanto più perché Marco Risi sa ben utilizare la vitale freschezza giovanile del suo protagonista in funzione del personaggio, mettendone a confronto le oggettive fragilità con la sorniona competenza professionale di coloro che lo circondano, dal sindaco Ennio Fantastichini al pretore Gianfelice Imparato, dal prudente caporedattore interpretato da Ernesto Mahieux alla generosità intellettuale del professore affidato alla recitazione di Renato Carpentieri. Mentre alla dolce presenza di Valentina Lodovini viene affidato il compito di farsi portatrice di una poco probabile speranza nel futuro.
Fortapasc
(Italia, 2009)
Regia: Marco Risi
Sceneggiatura: Marco Risi, Andrea Purgatori, Jim Carrington
Fotografia: Marco Onorato
Musica: Franco Piersanti
Scenografia: Sonia Peng
Costumi: Ortensia De Francesco
Montaggio: Clelio Benevento
Interpreti: Libero De Rienzo (Giancarlo Siani), Valentina Lodovini (Daniela), Michele Riondino (Rico), Massimiliano Gallo (Valentino Gionta), Salvatore Cantalupo (Ferrara), Ennio Fantastichini (sindaco Cassano), Duccio Camerini (Angelo Nuvoletta), Renato Carpentieri (Amato Lamberti), Gianfelice Imparato (pretore Rosone), Ernesto Mahieux (Sasà).
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: un’ora e 48 minuti
(di Aldo Viganò)