La curiosa idea di mettere in scena un film “on the road” in un paese dove con due ore di macchina si giunge sempre al confine non poteva che sortire un’opera astratta, sospesa in un’atmosfera fantastica, tanto da somigliare più ad Aspettando Godot che a pellicole del tipo Lo spaventapasseri, alle quali il regista e interprete belga Bouli Lanners (nato nel 1965, pittore autodidatta, attore televisivo di successo e regista e suo secondo lungometraggio) pur sembra essersi ispirato. Eldorado (questo il titolo originale) è un film figurativamente raffinato e a tratti dichiaratamente pittorico, ma dall’andamento narrativo interamente costruito intorno a una sola idea che ambisce proporsi come metafora di una condizione sociale ed esistenziale tipica del mondo contemporaneo.
La situazione più importante dell’azione. La tipologia dei personaggi fissata una volta per tutte, tanto da non aver bisogno di sviluppo, ma solo di conferme, nel corso della vicenda, l’interesse della quale non sta nei fatti racontati quanto nel loro valore emblematico. Proprio come accade oggi nella maggior parte delle produzioni indipendenti di tutto il mondo, con cui Eldorado partecipa anche l’esigenza di affermare subito che quello di cui si sta parlando appartiene al mondo quotidiano della realtà piuttosto che a quello universale del mito. “L’idea del film nasce da un fatto realmente accaduto a me stesso” ritiene infatti opportuno puntualizzare Bouli Lanners.
Proprio come il suo protagonista, tornando a casa una sera, egli trovò nascosto sotto il suo letto un ladro (nella realtà sembra che fossero due, ma la riduzione va pressa come una licenza poetica) e, proprio come fa lui, trascorse la notte a parlare per convincerlo a uscire di là sotto. Poi, la realtà si mescola con la fantasia. Il protagonista, commerciante di auto americane d’epoca, decide di riaccompagnare a casa con la sua Chevrolet il balordo introdottosi nel suo appartamento. Costui proviene da un paesino ai confini con la Francia e l’autista non ama le autostrade. Il viaggio si svolge così tutto lungo deserte e un po’ spettrali vie provinciali. Grandi spazi vuoti anche nel piccolo Belgio, dunque. Con i radi incontri che assumono subito valenze metafisiche e un po’ folli: un collezionista di auto che hanno provocato incidenti mortali, e un nudista in camper che li trae d’impaccio dal fuori strada per un colpo di sonno.
Poi, dopo la breve e dolente visita ai genitori del balordo, inizia il viaggio di ritorno, funestato dalla caduta sul tetto della Chevrolet di un dobermann che qualcuno ha gettato da un ponte. I guaiti del cane morente, i soldi che passano di mano per una dose di eroina destinata ad abbreviarne l’agonia, e il film svanisce nello separazione della coppia. E ciascuno resta solo con i propri fantasmi. Nessun finale drammatico. Nessuna morale enunciata. Solo la storia tragicomica di due esistenze incrociate in un vuoto quasi metafisico. A tratti, nel corso del film, ci si interroga su quale sia l’interesse di una tale storia.
Ma Lanners (che in quanto attore ricorda un Peter Ustinov in sedicesimo) sembra credervi sino in fondo e, impaginandola in uno spazio cinematografico caratterizzato da interessanti inquadrature iper-realistiche, va diritto nella sua strada, affidandosi soprattutto alla valenza tragicomica che nasce dalla scelta di lenti e sincopati ritmi narrativi.
Eldorado Road
(Eldorado, Francia – Belgio, 2008)
Regia e sceneggiatura: Bouli Lanners
Fotografia: Jean-Paul de Zaetijd
Musica: Renaud Mayeur, An Pierlé e Koen Gisen
Scenografia: Paul Rouschop
Costumi: Elise Ancion
Montaggio: Ewin Ryckaert
Interpreti: Bouli Lanner (Yvan), Fabrice Adde (Elie), Philippe Nahon (il collezionista), Didier Toupy (il nudista), Françoise Chichéry (la mamma d’Elie), Stefen Liberski (primo meccanico), Baptiste Isaia (secondo mecanico), Rausin Jean-Jacques (primo motociclista), Renaud Rutten (secondo motociclista), Jean-Luc Meekers (uomo del parcheggio)
Distribuzione: Archibald Film
Durata: un’ora e 25 minuti
(di Aldo Viganò)