I padroni della notte

È dal suo esordio con Little Odessa che i cinéphiles più accaniti guardano con crescente interesse al cinema di James Gray (classe 1969) e ai suoi melodrammi familiari travestiti da “noir”. E I padroni della notte con Joaquin Phoenix (già presente nel precedente The Yard e protagonista anche del prossimo Two Lovers) giunge puntualmente a soddisfare le loro attese. Veloce definizione dello spazio drammatico. Personaggi determinati essenzialmente dal comportamento. Recitazione priva d’indulgenze psicologiche. Luci e montaggio da film di serie B degli anni Settanta.

Film come I padroni della notte richiedono spettatori disposti ad abbandonarsi al flusso delle sue immagini, le quali non tendono tanto a costruire una storia drammaturgicamente compiuta, quanto delle situazioni emotivamente coinvolgenti. Accadono tante cose nel corso di questa storia famigliare ambientata a New York. Per motivi che non è dato sapere, ma che si possono intuire, Bobby ha sbattuto la porta di casa della sua famiglia di poliziotti e, assunto il nome della madre defunta (come e perché? Anche questo non è dato sapere), ha trovato un nuovo padre in un boss della malavita russa, che gli ha affidato la direzione di un suo locale notturno, dove si spaccia droga e accade che qualche fanciulla faccia lo streap-teese. Innamoratosi di una bella portoricana, Bobby decide di presentarla al padre poliziotto (Robert Duvall) e al fratello capitano di nuova nomina (Mark Wahlberg), ma il ritorno in famiglia è solo causa di nuovi screzi. Pochi giorni dopo, qualcuno spara in faccia al fratello, che finisce sfigurato in un letto d’ospedale.

Per Bobby, il richiamo del sangue è imperioso e inizia così a collaborare con la polizia, che gli chiede di fare il doppio gioco per scoprire un grosso giro di trafficanti di droga. Agguati, sparatorie e clandestinità. Abbandonato dalla donna amata e tradito dagli amici, Bobby vede uccidere il padre nel corso di uno spettacolare inseguimento in macchina sotto la pioggia. Il suo destino è ormai segnato: diventerà grande solo dopo aver perso anche il suo secondo padre, che è poi il vero burattinaio di tutta la losca faccenda. Si spara tanto, ma si piange anche molto in questo mélo a forti tinte o noir dei sentimenti arcaici. Nessun indugio psicologico, solo l’azione conta. In I padroni della notte i fatti vengono sempre prima di tutto, inanellandosi nella catena di una serie di sequenze, che non hanno più bisogno di raccordi drammaturgici per esistere sullo schermo. I fatti sono lì, resi concreti da immagini sempre molto fisiche ed essenziali, trasformati in vita da un montaggio violento e brutale, tradotti in sequenze dalla forte suggestione visiva.

Questo è il cinema secondo Gray: la classicità ridotta all’osso, la struttura narrativa trasformata in scheletro non necessario, una tragica visione del mondo che si denuda nei bagliori di una realtà tradotta in immagini in movimento. Un cinema sovente aspro e irritante, ma certo tale da non lasciare mai indifferenti.

I padroni della notte
(We Own the Night, Usa, 2007)
Regia e sceneggiatura: James Gray
Fotografia: Joaquin Baca-Asay
Scenografia: Ford Wheeler
Costumi: Michael Clancy
Musica: Wojcieck Kilar
Montaggio: John Axelra
Interpreti: Joaquin Phoenix (Robert “Bobby” Green), Mark Wahlberg (Joseph “Joe” Grusinski), Robert Duvall (Albert “Bert” Grusinski), Eva Mendes (Amada Juarez), Alex Veadov (Vadim Nezhinski), Tony Musante (Jack Shapiro), Antoni Corone (Michael Solo), Dominic Colon (Freddie), Moni Moshonov (Marat Buzhayev)
Distribuzione: Bim
Durata: un’ora e 57 minuti

(di Aldo Viganò)

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