Silvio Soldini ama Genova e la città lo contraccambia offrendogli le migliori condizioni di lavoro, dapprima, e, poi, affollando la sala in cui il suo film si proietta, per uscirne infine soddisfatto della storia a cui ha assistito e, soprattutto, del rapporto tra questa e il paesaggio urbano entro il quale il regista le ha dato vita.
Tre anni dopo Agata e la tempesta, ecco pertanto il rinnovato successo genovese di Giorni e nuvole, in cui le “nuvole” sono quelle che si affollano sull’esistenza della coppia composta da Antonio Albanese e Margherita Buy, dopo che lui viene estromesso dai soci dalla piccola impresa che ha concorso a fondare, e i “giorni” diventano quelli conseguenti alla perdita dell’agiatezza e del precipitare nella depressione (per lui) o (per lei) del cercare comunque nuove soluzioni, perché l’esistenza continua. Tornato a girare a Genova, Soldini racchiude ancor più la sua nuova storia entro l’arco urbano offerto dallo sviluppo collinare della città e ciò concorre a fare di Giorni e nuvole un film fondamentalmente intimo e privato. Forse anche una metafora della storia di Genova.
La città è guardata prevalentemente dall’alto in tutto il suo antico splendore dalla cinepresa di Soldini, ma anche vista soprattutto come un mondo chiuso, un nido entro il quale gli esseri umani si rinchiudono per curarsi delle ferite loro inferte dalla società e per trovare infine la forza di tornare – orgogliosamente – a vivere. Ma, di fatto, questa valenza metaforica il film di Soldini tende ad assegnarla quasi esclusivamente al maestoso e algido paesaggio delle riprese in campo lungo di Genova, rendendola esplicita solo nella cornice narrativa del restauro storico, al quale Margherita Buy partecipa dopo la laurea conseguita in via Balbi e sotto la cui colorata volta la coppia infine si ricompone; perché poi – come sempre più sovente gli accade – il regista tende a privilegiare l’osservazione dei piccoli momenti della vita quotidiana dei personaggi rispetto alla loro valenza universale. Soldini è portato, cioè, in perfetta coerenza con il cinema che ha sempre fatto, a privilegiare il particolare, a non alzare mai troppo il tono del discorso, a lasciare che il senso nasca soprattutto dallo sguardo amoroso – ma mai troppo coinvolto – sulla vita di tutti gli esseri viventi che porta sullo schermo: siano essi protagonisti o semplici comprimari della vicenda raccontata.
Questo è molto poco milanese (dove Soldini è nato), ma molto svizzero (dove Soldini ha ottenuto i suoi primi successi) e anche molto genovese (dove Soldini ha trovato ultimamente una casa artistica). E questo è forse anche il motivo per cui i genovesi si rispecchiano così amorevolmente nel suo film (abitato tra l’altro da tante presenze locali: da Alberto Giusta a Orietta Notari, da Massimo Brizi a Lisa Galantini, da Carla Signoris al professor Marco Salotti). In fin dei conti, del resto non solo per i genovesi, Silvio Soldini viene visto – come suo fratello Giovanni – quale un navigatore solitario nel mare del cinema italiano. E questo piace molto agli spettatori in città.
Giorni e nuvole
(Italia-Svizzera, 2007)
Regia: Silvio Soldini
Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli, Silvio Soldini
Fotografia: Ramiro Civita
Scenografia: Paola Bizzarri
Costumi: Silvia Nebiolo e Patrizia Mazon
Musica: Giovanni Venosta
Montaggio: Carlotta Cristiani
Interpreti: Margherita Buy (Elsa), Antonio Albanese (Michele), Alba Rohrwacher (Alice), Giuseppe Battiston (Vito), Fabio Troiano (Riki), Carla Signoris (Nadia), Paolo Sassanelli (Salviati), Alberto Giusta (Roberto), Orietta Notari (signora Carminati), Arnaldo Ninchi (padre di Michele)
Distribuzione: Warner Bros
Durata: un’ora e 56 minuti
(di Aldo Viganò)