Dopo Grindhouse di Tarantino ecco anche Planet Terror di Rodriguez, seconda pala del dittico – diviso dall’insuccesso di critica e pubblico negli Usa – che i due registi hanno voluto elevare sull’altare di quel cinema-cinema che non ha paura di sconfinare nel “trash” attraverso il suo culto esclusivo per le variazioni stilistiche sulle strutture narrative del “genere” e che ha scelto il riferimento ai B-Movie – una volta molto popolari, oggi campo di adozione dei cinèphiles più duri e intransigenti – come proprio universo sia estetico, sia ideologico.
Se Tarantino ricamava da par suo sul “road movie” con le sue folli corse in automobile per le strade di un’America socialmente degradata, sortendone un inno alle virtù fisiche ed etiche della donna moderna, Rodriguez sceglie come proprio campo d’azione il prediletto “horror” per raccontare una storia più truculenta di Dal tramonto all’alba, più sincopata di El Mariachi, estrema come Sin City. La visione di Planet Terror è sconsigliare (affettuosamente) agli animi sensibili al rosso sangue e a coloro che dal cinema vogliono storie “bien faits”, ma chi ama il genere “horror” e chi soprattutto ricerca in un film la presenza di un linguaggio capace da solo di definire un contenuto vi troverà ampia materia d’interesse e a volte anche di autentico entusiasmo.
La vicenda è, come si conviene a questo tipo di film, un po’ confusa e tale da procedere per improvvisi balzi narrativi piuttosto che per lineare concatenazione logica. Forse la si potrebbe riassumere così: un manipolo di soldati capeggiati da Bruce Willis torna dalle guerre del medio Oriente (dove dice di aver ucciso Bin Laden) contaminato da un gas che trasforma gli uomini in zombi famelici di carne umana; per evitare la degradazione fisica, i militari si sono chiusi nella propria caserma dove continuano a nutrirsi di quel gas venefico, mentre fuori la macelleria impazza, mescolando storie private a pubblico terrore; solo pochi sono “naturalmente” immuni dal contagio e a costoro la natura assegna la continuità della specie umana. Forse è così.
Forse Rodriguez vuole offrire con il suo film una metafora dell’America nell’era di Bush. Forse quei pochi sopravvissuti sono coloro che, lottando con tutti i mezzi a disposizione, riescono a non farsi contaminare dalla propaganda e dal conformismo sociale. Ma in fin dei conti tutto questo non è al centro dell’attenzione né del regista, né del cinèphile. Ciò che balza con violenza in primo piano da quelle inquadrature sempre molto meditate, da quei violenti raccordi di montaggio, dalla dichiarata grossolanità di uno stile che si nutre essenzialmente di se stesso è, infatti, solo la voglia di fare del cinema.
Reinventarlo come se fosse la prima volta, senza per questo rinunciare agli stilemi di un “genere” dalla lunga tradizione quale l’horror. E abbandonarsi al flusso forsennato delle immagini di Planet Terror diventa così un’esperienza insieme sconcertante ed entusiasmante. Si ride (o si ha i crampi allo stomaco, a seconda delle sensibilità personali) per il loro esibito estremismo, ma dall’altra parte si viene presi dal vortice delle loro invenzioni, dalla capacità di tratteggiare con poco una situazione o un personaggio: il cuoco innamorato della propria carne alla brace, il bambino che si suicida “per caso”, il militare interpretato da Tarantino che resta vittima della propria libidine. Come già Grindhouse, Planet Terror è un film destinato più a dividere che a rappacificare.
Planet Terror
(Planet Terror, U.S.A. 2007)
Regia, Sceneggiatura e Fotografia: Robert Rodriguez
Musica: Graeme Revell e Carl Thiel – Scenografia: Steve Joyner – Costumi: Nina Proctor – Montaggio: Ethan Maniquis e Robert Rodriguez.
Interpreti: Freddy Rodriguez (El Wray), Rose McGowan (Cherry Darling), Marley Shelton (Dakota Block), Josh Brolin (William Block), Michael Bihen (sceriffo Hague), Naveen Andrews (Abby), Michael Parks (Earl McGraw), Jerili Romeo (Ramona McGraw), Rebel Rodriguez (Tony Block), Quentin Tarantino (militare), Bruce Willis (tenente Muldoon), Elettra e Elise Avellan (le babysitters).
Distribuzione: Medusa – Durata: un’ora e 45 minuti