Donnie Darko giunge sui grandi schermi italiani circondato da un giovanilistico alone di miticità. Uscito negli Stati Uniti subito dopo l’11 settembre 2001, nessuno volle andare a vederlo: si dice a causa di quell’aereo (più precisamente il motore di un jet) che precipitando sulla casa del protagonista vi innesca l’assunto narrativo.
Abbandonato così al circuito dell’home video e della pay tv, il film ottenne però ben presto la sua rivincita, diventando un cult generazionale e inducendo la produzione a riproporlo con l’aggiunta di quasi 20 minuti attribuiti al director’s cut. E appunto in questa forma Donnie Darko è stato proposto in un’affollata notte fuori concorso all’ultima Mostra di Venezia. Nuovo colpo di scena, però: almeno nella coppia vista nei locali del centro di Genova, il film che il grande pubblico ha potuto vedere dribbla l’ultima versione e torna a quella già circolante in dvd e già fuggevolmente passato sul satellite tv. Mah!, misteri della distribuzione, la cui ampiezza gli spettatori italiani possono compiutamente valutare entrando nel sempre prezioso sito internet http://Imdb.com, dove le variazioni tra la prima edizione del film e il director’s cut vengono minuziosamente catalogate.
Ritorniamo al film che si è visto sugli schermi genovesi, comunque. Quello che dura 113 minuti. Che dire? In fin dei conti si tratta di un simpatico filmetto dallo stile un po’ televisivo, che mescola quadretti scolastici o familiari a tonalità soft-horror, condendo il tutto con un pizzico di ironia che ben si addice alla presenza di quel gigantesco coniglio modello Harvey, che sotto al ghigno di un pupazzo in stile halloween nasconde il volto di un ragazzo dall’occhio sfregiato. Donnie Darko è un film costruito sull’intreccio di due temi molto cari ai teen-agers degli anni duemila: da una parte l’esistenziale paura di vivere, dall’altra il rifiuto dell’ordine etico e sociale delle istituzioni ufficiali (la scuola innanzitutto).
Figlio di borghesi, fratello minore di una ragazza in attesa di essere accolta a Harvard e maggiore di una simpatica bambina piena di curiosità, Donnie è in cura da una psichiatra (chi si rivede: Katharine Ross!) per allucinazioni e crisi d’ansia. Poi, una sera, quell’imprevedibile incidente: il motore che precipita sulla linda casetta della famiglia Darko e distrugge la camera di Donnie, il quale però si trovava in giardino, ivi attratto dal suo amico coniglio. Per lui, l’amico invisibile a tutti gli altri gli ha salvato la vita, per i suoi familiari si è trattato di una fortunata coinciedenza, per le assicurazioni è solo un caso da chiudere velocemente, senza altre complicazioni. Conseguenza: la camera di Donnie viene rifatta con un po’ di gelosia da parte delle due sue sorelle; Donnie, sempre più sicuro dell’esistenza del suo amico immaginario, ottiene l’attenzione della ragazza carina che abita nella casa accanto, mamma e papà continuano a preoccuparsi (ma non troppo) delle sue stranezze.
Qualcosa però, da quella sera, cambia decisamente nel tono del film. Tutto diventa più astratto e sospeso. Anche i soliti scatti di rabbia di Donnie nei confronti dello stupido conformismo dei dirigenti scolastici assumono ora dimensioni iperboliche. A poco a poco, cioè, il film scivola verso quel terreno in cui il fantastico coabita con il new-age. E su questo terreno Donnie Darko trova infine il proprio nido estetico, abbandonando progressivamente il piacere di fare del cinema per accontentarsi di portare in primo piano solo la costruzione di un puzzle finalizzato a mettere in luce i complessi rapporti tra l’anima e il tempo.
Donnie Darko
(id. – Usa, 2001)
Regia e sceneggiatura: Richard Kelly
Fotografia: Steven B. Poster
Misica: Michael Andrews
Scenografia: Alec Hammond
Costumi April Ferry
Montaggio: Sam Bauer e Eric Strand
Interpreti: Jake Gyllenhaal (Donnie Darko), Holmes Osborne (Eddie Darko), Maggie Gyllenhaal (Elizabeth Darko), Daveigh Chase (Samantha Darko), Mary McDonnell (Mrs. Rose Darko), Patrick Swayze (Jim Cunningham), Drew Barrymore (Karen Pomeroy), Katharine Ross (Dr. Lilian Thurman)
Distribuzione: Moviemax
Durata: 113 minuti
(di Aldo Viganò)