Non una vera e propria controstoria del cinema italiano, ma una storia di sicuro anomala, che riparte dai nomi obbligatori e consueti di Blasetti e Camerini ma per riportare alla luce mezzo secolo di film e autori spesso meno ricordati e meno celebrati, se non addirittura emarginati.
E’ il primo volume di “Italia: ultimo atto – l’altro cinema italiano”, scritto da Fabrizio Fogliato e pubblicato dalle edizioni Il Foglio (ma in copertina reca la scritta “La cineteca di Caino”…): un librone magmatico di oltre 450 pagine che ha come significativo sottotitolo “da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri”.
L’idea di partenza è quella di porre al centro il cittadino-spettatore e di seguire così da quel particolare punto di vista, anziché dalle consuete prospettive storiografiche, le varie evoluzioni compiute dal cinema italiano. Fino al cambio di passo degli anni ’60, quando si comincia a provare insofferenza verso le limitazioni di tipo censorio: e dove l’Alessandro Blasetti da cui comincia tutto il tragitto è il regista innovativo di “Sole” nel 1929, ma è anche l’inventore dei mondo-movie con “Europa di notte”, nel 1959…
Il libro riparte perciò da “Sole” (Blasetti), “Rotaie” (Camerini) o “Treno popolare” (Matarazzo), che ricostruirono il cinema italiano alle soglie degli anni Trenta, prosegue con alcuni titoli dell’epoca fascista, rievoca opere dell’immediato dopoguerra come “Tombolo, paradiso nero” o “La tratta delle bianche”, passa poi ad analizzare i cambiamenti nello sguardo dello spettatore avvenuti nel corso degli anni Cinquanta, quando la tradizionale Italia contadina comincia ad essere scossa dall’arrivo della televisione e di una serie di film che rispecchiano le nuove tendenze alle soglie del boom, mentre l’immigrazione interna e una generale maggiore mobilità infrangono le barriere dei piccoli universi localisti. E’ l’inizio di un processo che porterà alla stagione esplosiva degli anni ’60 e ’70: quegli anni ’70 in cui tra l’altro comincerà proprio la riscoperta dei percorsi storiografici alternativi all’interno del cinema italiano.
Tra gli autori su cui il libro si sofferma in modo particolare spiccano Raffaele Andreassi, Umberto Lenzi, Gian Vittorio Baldi, l’Andrea Frezza di “Il gatto selvaggio” (con Carlo Cecchi), il Sandro Franchina di “Morire gratis”, fino al Massimo Pirri anni ’70, cui viene in pratica dedicata una monografia a sé: in mezzo, ci sono tra le altre cose i “pasoliniani” “Milano nera” e “Una vita violenta”, il celebre caso del tedesco “Helga” che col suo parto in diretta colpì tanti giovani spettatori italiani d’epoca colpendo un tabù simbolico, “Top Sensation” con un personaggio controverso come Maud de Belleroche, amica di Céline. Una storia del cinema sommerso, insomma, condotta al di fuori degli schemi e degli autori più celebrati, che è anche una storia dell’evoluzione dello spettatore italiano e quindi, a suo modo, una storia del costume italiano.